CORSO DI EUROPROGETTAZIONE: LA CONSEGNA DEGLI ATTESTATI

CORSO DI EUROPROGETTAZIONE: LA CONSEGNA DEGLI ATTESTATI

La figura di un esperto in Europrogettazione sta diventando fondamentale per le aziende, gli Enti locali, le Associazioni e i cittadini. Questo è il motivo principale che mi ha spinto ad organizzare un corso di formazione dedicato alla conoscenza dei tanti programmi di finanziamento europeo. Le tante candidature arrivate sono state la prova di quanto i giovani di oggi si sentano parte integrante dell’Europa e protagonisti concreti di uno sviluppo futuro. Ciò che più mi è piaciuto è stato l’entusiasmo e la determinazione che ho potuto apprezzare durante il corso e riscontare in occasione della cerimonia di consegna degli attestati svoltasi il 10 luglio nel bellissimo complesso di San Domenico a Fondi (Latina). Dopo settimane di lezioni da remoto, l’evento ha rappresentato anche l’occasione per conoscersi tutti e per confrontarsi con me e con il Dott. Valerio Valla, uno degli esperti che ha tenuto il corso, insieme al sindaco della città Beniamino Maschietto. Le loro domande pertinenti e mai banali, la voglia di sapere e di crescere professionalmente sono state il fulcro della cerimonia. I ragazzi hanno capito in maniera attiva quanto, ad esempio, sia importante in questo ambito apprendere le potenzialità di un territorio e delle imprese, progettando e sviluppando idee innovative in linea con le politiche europee. Sono certo che con questo corso ognuno di essi abbia acquisito le competenze di base nella gestione dei fondi dell’Unione Europea e abbia maturato un’esperienza sia umana che professionale arricchendo le proprie conoscenze. L’augurio che ho fatto a questi ragazzi è che possano continuare ad interessarsi delle tante opportunità che offre l’Europa per poter affrontare le sfide che li attendono in futuro con la consapevolezza di essere sempre più parte integrante e fondamentale del grande progetto europeo.

LA TURCHIA ABBANDONA LA CONVENZIONE CONTRO VIOLENZA SULLE DONNE

LA TURCHIA ABBANDONA LA CONVENZIONE CONTRO VIOLENZA SULLE DONNE

Negoziata e sottoscritta nel 2011, la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (meglio nota come Convenzione di Istanbul), è il primo trattato internazionale che stabilisce norme giuridicamente vincolanti per prevenire la violenza di genere, proteggere le vittime della violenza e punire gli autori. Dopo essere stato il primo Paese a ratificarlo, la Turchia è ora il primo Paese a ritirarsi dal trattato, portando a compimento l’annuncio fatto lo scorso marzo dal presidente Erdogan. L’atto della Turchia appare profondamente drammatico alla luce del fatto che, negli ultimi 5 anni, si è registrato almeno un femminicidio al giorno nel mondo e che tale dato è in costante aumento secondo quanto riportato dal gruppo di esperti istituito per monitorare la violenza di genere e l’applicazione della Convenzione. La situazione appare ancora più drammatica in Turchia se si considera che, secondo i dati diffusi da alcune organizzazioni della società civile, lo scorso anno almeno 300 donne sono state uccise, per lo più da mariti, compagni o familiari, e altre 171 sono state trovate morte in circostanze sospette. In base a una relazione presentata in Parlamento dal ministero dell’Interno, inoltre, nei primi quattro mesi di quest’anno i casi accertati di violenza domestica sono stati 73 mila. Per convincere la Turchia a ritornare sui suoi passi, il Consiglio d’Europa, la principale istituzione europea a difesa del rispetto dei diritti umani in UE, ha inviato una lettera ai Ministri della Giustizia e degli Interni turchi per esprimere profonda preoccupazione per questa scelta e rassicurando che la Convenzione di Istanbul serve a rafforzare i legami familiari anziché indebolirli, come invece sostenuto dal Governo di Ankara.  Mi rammarica molto che la Turchia abbia deciso di ritirarsi da questa Convenzione confermando in questo modo l’assenza di sensibilità sul tema della violenza verso le donne e la totale mancanza di rispetto dei diritti umani. L’atteggiamento della Turchia richiede una ferma e decisa posizione da parte delle istituzioni europee non solo per garantire la piena protezione dei diritti delle donne, ma per chiarire anche la sua candidatura a fare parte dell’Unione Europea.

L’UE PROMUOVE AREE RURALI DINAMICHE

L’UE PROMUOVE AREE RURALI DINAMICHE

Il Commissario Janusz Wojciechowski ha presentato il 13 luglio ai membri della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo la visione a lungo termine per le zone rurali dell'Europa dichiarando che: "Oggi le zone rurali che sono cruciali per l'UE in quanto producono alimenti, tutelano il nostro patrimonio e proteggono i nostri paesaggi, devono svolgere un ruolo fondamentale nella transizione verde e digitale”. Le parole del Commissario sono un invito non solo al Parlamento europeo, ma anche a tutti gli Stati membri per fare in modo che il Piano d'azione rurale dell'UE garantisca lo sviluppo sostenibile di tutte le zone rurali. E’ compito dell’Europa, infatti, fornire alle comunità rurali gli strumenti giusti per valorizzare appieno le opportunità future e risolvere i problemi che affrontano attualmente. La visione a lungo termine per le zone rurali costituisce un primo passo verso la trasformazione proprio delle stesse. La nuova PAC contribuirà a ciò dando impulso ad un settore agricolo intelligente, resiliente e diversificato, migliorando la tutela dell'ambiente e l'azione per il clima, rafforzando il tessuto socioeconomico delle zone rurali con l’obiettivo di renderle più forti, connesse e prospere. Diverse politiche dell'UE forniscono già un sostegno alle zone rurali contribuendo al loro sviluppo equilibrato, ma sarà fondamentale sostenere e attuare il suddetto piano d'azione per rendere le zone rurali più forti, migliorando l'accesso ai servizi e facilitando l'innovazione sociale, migliorando la connettività sia in termini di trasporti che di accesso digitale, preservando le risorse naturali e rendendo più ecologiche le attività agricole per contrastare i cambiamenti climatici garantendo, al contempo, la resilienza sociale grazie all’accesso a corsi di formazione e opportunità di lavoro diversificando le attività economiche e migliorando il valore aggiunto delle attività agricole, agroalimentari e dell'agriturismo. Entro la metà del 2023 la Commissione farà il punto della situazione per verificare quali azioni finanziate dall'UE e dagli Stati membri siano state realizzate e programmate per le zone rurali. Una relazione pubblica che uscirà all'inizio del 2024 individuerà i settori in cui sarà necessario intensificare il sostegno e la dotazione finanziaria come pure le fasi successive sulla base del Piano d'azione rurale dell'UE. Le discussioni che faranno seguito alla relazione contribuiranno alla preparazione delle proposte per il periodo di programmazione 2028- 2034.

LA DIGITAL TAX

LA DIGITAL TAX

Nel weekend del 10-11 luglio, i Ministri delle Finanze degli Stati del G20 si sono incontrati a Venezia per siglare uno storico piano globale di tassazione rivolto alle multinazionali che controllano il mercato digitale. I Ministri hanno certificato l’accordo raggiunto la settimana prima da circa 130 Stati con l’obiettivo di regolamentare un mercato digitale mondiale fino ad oggi considerato un terreno inesplorato e ancora senza una regolamentazione chiara. L’idea di quella che viene universalmente definita Global Tax è quella di tassare, a livello internazionale, le multinazionali con un’aliquota fiscale globale pari al 15% e, così facendo, mirare a disincentivare la “consueta” pratica di spostare i propri profitti in Stati considerati paradisi fiscali come, per esempio, in Irlanda, nota per il caso Facebook. Il testo e l’accordo finale verrà siglato ad ottobre quando a Roma si incontreranno tutti i leaders degli Stati del G20. In questo contesto si inserisce anche l’Unione Europea. Una delle questioni più spinose fin dalle prime discussioni in merito alla Global Tax riguarda, infatti, la volontà della Commissione europea di prevedere, a livello europeo, una propria Digital Tax con l’obiettivo, tra gli altri, di finanziare il fondo di recupero post-Coronavirus del blocco europeo. Fin dalle prime battute, gli USA hanno espresso le loro preoccupazioni considerando la tassa europea una presunta discriminazione nei confronti delle aziende tech americane operanti sul suolo europeo. Considerando i malumori dell’alleato transatlantico e una “presunta” necessità di focalizzare tutte le energie nel lavorare per trovare il miglior accordo possibile in sede OCSE/G20 sulla Global Tax, il Commissario Gentiloni ha comunicato la volontà, da parte della Commissione, di rimandare i lavori sulla Digital Tax europea a data da destinarsi. Questa decisione unilaterale ha scatenato sulla Commissione le critiche e polemiche da parte di chi ha da sempre chiesto di portare a termine questo progetto nel più breve tempo possibile. Ritengo che la Gobal Tax sia un accordo fondamentale per regolare un mercato, quello digitale, che necessita di un approccio olistico a livello internazionale. Per questo motivo sono convinto che la Commissione debba investire tempo ed energie al fine di raggiungere il miglior accordo possibile per gli europei.

ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI: NUTRI-SCORE E NUTRINFORM BATTERY

ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI: NUTRI-SCORE E NUTRINFORM BATTERY

Alcuni Paesi, seguendo l’esempio della Francia, hanno deciso di adottare un sistema volontario di etichettatura per alimenti fronte pacco denominato “Nutriscore” su cui si è aperto un dibattito molto animato ancora in corso. Il Nutriscore, utilizzando l’immagine di un semaforo, assegna un colore, un “via libera” o uno “stop”, ad ogni alimento in base al livello di zuccheri, grassi e sale, calcolati su una base di riferimento di 100 gr/ml di prodotto. Intuitivamente, i cibi con semaforo “verde” sono da preferire rispetto a quelli con semaforo “rosso”. Per l’Italia questo significherebbe semaforo rosso per molti dei suoi prodotti di bandiera come il Parmigiano o l’olio extravergine penalizzando così la dieta mediterranea e, più in generale, tutti i prodotti Made in Italy. Proprio per questo, ho sempre sostenuto fortemente che l’eccessiva semplificazione dell’etichettatura prevista dal Nutriscore vada evitata. Credo, invece, che sia necessario fornire al consumatore informazioni chiare e corrette perché un’etichetta ben fatta permette non solo di compiere scelte consapevoli e responsabili, ma lo avvicina al produttore consentendo a quest’ultimo di lasciare traccia, anche nel prodotto finale, delle scelte produttive che lo caratterizzano. L’Italia, unitamente ad altri Stati, in alternativa al Nustriscore, ha proposto il sistema di etichettatura “Nutrinform Battery” che valuta non i singoli cibi per 100 gr/ml di prodotto quanto piuttosto la loro incidenza giornaliera all’interno di una corretta ed equilibrata alimentazione. L’etichetta è pensata proprio come una batteria e reca l’indicazione di tutti i valori relativi ad una singola porzione consumata. Purtroppo i sostenitori del sistema Nutriscore tentano di giustificarlo sulla base di una letteratura scientifica poco attendibile e, sostenendo la necessità di dover favorire un’alimentazione più sana, dimenticano che non sono i singoli alimenti a causare problemi di salute, ma la loro eccessiva quantità: le cattive abitudini alimentari, unitamente ad altri fattori come, ad esempio, la scarsa attività fisica. Ogni alimento, nelle giuste ed appropriate quantità, può avere un posto all’interno di un giornaliero regime alimentare equilibrato. Il sistema Nutriscore non deve essere sottovalutato soprattutto per le ricadute economiche sull’export del nostro Paese e sulla salute dei consumatori. Il dibattito è attualmente in discussione a livello europeo dove a scontrarsi non sono soltanto due tipi diversi di etichetta, ma due modi opposti di considerare gli alimenti e il loro apporto nutrizionale.

 

NEUTRALITÀ CLIMATICA: OBIETTIVO FIT FOR 55

NEUTRALITÀ CLIMATICA: OBIETTIVO FIT FOR 55

Il Green Deal europeo, presentato dalla Commissione l'11 dicembre 2019, fissa l'obiettivo di rendere l'Europa il primo continente climaticamente neutrale entro il 2050. Per raggiungere questo ambizioso traguardo, l’Unione Europea ha votato e si è quindi dotata di una legge europea sul clima (European Climate Law) che sancisce in una legislazione vincolante l’impegno dell’UE per la neutralità climatica e l'obiettivo intermedio di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. La legge europea sul clima stabilisce quindi il quadro giuridico ufficiale a cui gli Stati membri dovranno sottostare raggiungendo i risultati intermedi nel 2030 e la definitiva neutralità climatica nel 2050. Per poter concretamente raggiungere questi traguardi, la Commissione europea ha presentato (il 14 luglio) un pacchetto di 13 proposte che dovranno essere discusse dal Parlamento e dal Consiglio e che avranno come obiettivo quello di tradurre le ambizioni europee sul clima in azioni concrete. Questo pacchetto, chiamato Fit-for-55, copre le aree strategiche e di interesse più importanti per la transizione verde: dal settore dei trasporti alla protezione dei suoli ad una maggiore efficienza energetica. Tra le proposte più importanti c’è l’instaurazione di un nuovo fondo sociale per il clima (Social Climate Fund) che servirà a bilanciare i costi aggiuntivi della transizione verde: circa 72,2 miliardi di euro da distribuirsi tra i vari Stati europei. Un altro importante cambiamento è la proposta della Commissione di porre fine in Europa al motore a combustione interna dal 2035. Questo porterà inevitabilmente ad una rapida accelerazione nella produzione di veicoli elettrici e ad una riqualificazione della forza lavoro dell’industria automobilistica. Il regolamento LULUCF (Uso del suolo, cambiamento di uso del suolo e silvicoltura) si concentrerà, invece, sulla protezione dei suoli e la valorizzazione delle foreste per assorbire circa il 7% delle emissioni di gas serra annuali, in particolare nel settore agricolo e forestale. Queste sono solo alcune delle proposte che il Parlamento europeo sarà chiamato a discutere e votare a partire dal prossimo settembre. Forza Italia ed il Partito Popolare Europeo sono stati tra i primi sostenitori della legge europea sul clima, ma ritengono che il pacchetto Fit-for-55 nella sua “proclamazione roboante” debba essere attentamente analizzato affinché le “aspirazioni verdi” dell’Ue non si traducano in un peso ai danni del nostro sistema produttivo a favore dei Paesi terzi che continueranno a produrre senza particolare restrizioni. Per questo motivo sono convinto che le misure normative a sostegno del clima debbano bilanciarsi con importanti aiuti e sovvenzioni per l’industria, l’agricoltura ed a tutti quei settori che verranno inevitabilmente toccati dalla rivoluzione verde. Solo un bilanciamento di questo genere e il rispetto del principio di sussidiarietà, centrale nel processo decisionale europeo, ci permetterà di non mancare un appuntamento cruciale per la storia ed il futuro, non solo del nostro continente, ma del pianeta intero.

L’UE LANCIA LA PROCEDURA DI INFRAZIONE CONTRO L’UNGHERIA

L’UE LANCIA LA PROCEDURA DI INFRAZIONE CONTRO L’UNGHERIA

Spesso sentiamo parlare di procedura di infrazione dell’Europa nei confronti di uno Stato membro. Essa rappresenta uno strumento previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea per garantire che nessun Paese europeo violi leggi e diritti comunitari. In sostanza, si tratta di uno scambio di comunicazioni tra la Commissione europea e lo Stato interessato nonché la possibilità di deferimento alla Corte di Giustizia. Se la Commissione giunge poi alla conclusione che il Paese è venuto meno ai propri obblighi a norma del diritto dell’UE ed il Paese in questione continua a non conformarsi alla legislazione, la Commissione può chiedere alla Corte di Giustizia di imporre sanzioni. Negli ultimi mesi questa procedura è stata invocata per ciò che sta accadendo in Ungheria, a seguito dell’approvazione da parte del Governo di Orban di una legge che è stata fortemente criticata poiché stigmatizza la comunità LGBTIQ. La legge in questione, inizialmente pensata per proteggere i minori dalla pedofilia, nella sua versione finale presenta, infatti, diversi elementi che violano il diritto comunitario ed in particolare i diritti umani ed il diritto alla non discriminazione delle persone LGBTIQ. La legge ungherese, infatti, contiene misure che mirano a proibire la diffusione di qualsiasi contenuto che faccia riferimento all’omosessualità e la transessualità ai minori di 18 anni ponendo limiti al mondo della pubblicità, della televisione, dell’editoria ed anche dell’istruzione, vietando categoricamente di trattare certi argomenti a livello scolastico durante le lezioni di educazione sessuale. I leader europei hanno dibattuto sull’argomento al summit del 24 giugno scorso, esprimendo indignazione a riguardo e criticando fortemente l’Ungheria (ad eccezione di Slovenia e Polonia), e 17 Stati, tra cui anche l’Italia, hanno firmato e presentato una lettera congiunta indirizzata ai presidenti del Consiglio europeo, del Consiglio dell’UE e della Commissione europea stigmatizzando la legge voluta dal premier Orban e riaffermando la difesa dei diritti fondamentali della comunità LGBTIQ. Anche il Parlamento europeo ha fatto sentire la sua voce adottando, in occasione dell'ultima sessione plenaria prima della pausa estiva, una risoluzione che condanna la legge ungherese. In seguito ad un acceso dibattito tra istituzioni europee e Governo ungherese, la Commissione ha deciso di avviare la procedura di infrazione, preoccupata da un crescente e generale clima di discriminazione. Stessa cosa è avvenuta per la Polonia dove alcuni comuni e regioni si sono recentemente dichiarati “zone libere dagli LGBT”. I comportamenti di questi Stati non sono accettabili perché in primis contraddicono profondamente quelli che sono i valori fondamentali dell'UE: la protezione delle minoranze, della dignità umana, dell'uguaglianza e la protezione dei diritti umani. Difendere i valori su cui si basa l’Unione Europea deve essere non solo un obbligo da parte degli Stati, ma anche una priorità.

L’EUROPA VIETA LE GABBIE AGLI ANIMALI

L’EUROPA VIETA LE GABBIE AGLI ANIMALI

La petizione "End the Cage Age" (fine dell'era della gabbia) è stata avviata nel 2018 dall'organizzazione Compassion in World Farming e da oltre 170 altre associazioni di cittadini europei che operano per la protezione e il benessere degli animali. In un anno sono state raccolte circa 1,5 milioni di firme. Nei mesi scorsi, insieme agli altri colleghi della Commissione AGRI ed a quelli della Commissione PETI, abbiamo analizzato la petizione insieme al comitato promotore, ai Commissari e ai rappresentanti di altri organi UE durante un'audizione pubblica ed abbiamo invitato la Commissione a proporre strumenti legislativi per eliminare gradualmente l'uso delle gabbie negli allevamenti nell’Unione valutando la possibilità di completare tale transizione entro il 2027. Il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione con cui si chiede alla Commissione l’eliminazione graduale delle gabbie in base ad una valutazione d'impatto scientificamente fondata e che sia garantito un periodo di transizione adeguato. Le alternative all'allevamento in gabbia sono già utilizzate con ottimi risultati in diversi Stati membri e si dovrebbero ora sviluppare, migliorare e incentivare sistemi alternativi. Per garantire condizioni di parità per gli allevatori in tutta l'Unione europea però i deputati hanno concordato che sia necessaria una legislazione comunitaria. La transizione verso nuovi sistemi di stabulazione però non sarà facile per gli allevatori di bestiame che hanno solo esperienza con il sistema da sempre utilizzato. Se saranno previsti divieti per determinati sistemi di stabulazione, dovranno essere previste attività̀ formative e di orientamento per gli allevatori dei Paesi in cui la maggior parte di determinati animali è tenuta in gabbia o in cui un ampio numero di pratiche di allevamento comporti la stabulazione in gabbia. Per la buona riuscita del passaggio ai sistemi di stabulazione senza gabbie è molto importante la cooperazione tra tutti gli attori della filiera. Per queste ragioni, insieme agli altri deputati, abbiamo invitato ad un dialogo i vari attori al fine di consentire loro di avviare riflessioni a livello collettivo sui nuovi sistemi agricoli futuri.

LA CAMPAGNA VACCINALE FRENA, LE VARIANTI ACCELERANO

LA CAMPAGNA VACCINALE FRENA, LE VARIANTI ACCELERANO

In tutta Europa viaggia inarrestabile l’ascesa della variante Delta, con bollettini che mettono in allarme gli Stati per una recrudescenza dei contagi assai difficile da contenere. C’è la necessità di lavorare ad una risposta reattiva che ponga le basi su campagne vaccinali efficaci e veloci, ma anche su una responsabilità di tutti che, in alcuni casi, è davvero mancata. La decisione adottata dalla Francia ha fatto molto discutere in questo senso: il presidente Macron, infatti, in diretta tv, qualche settimana fa ha annunciato l'estensione del Green Pass per accedere a ristoranti, caffè e trasporti. Il suo intervento ha fatto molto discutere, ma il Parlamento francese, il 26 luglio, ha poi approvato in via definitiva il progetto di legge che, tra le altre cose, prevede il Pass sanitario anche per i viaggi nazionali e impone la vaccinazione obbligatoria a tutti gli operatori sanitari entro il 15 settembre, pena la sospensione. Non solo in Francia, ma anche in Italia tale decisione ha scaturito una reazione soprattutto da parte dei cosiddetti No vax che si sono riversati nelle piazze per manifestare il loro dissenso a ciò che reputano essere una limitazione alla propria libertà. L’appello del nostro Presidente del Consiglio, Mario Draghi, è stato un invito a vaccinarsi perché “se non ti vaccini, ti ammali, muori o fai morire”. Un messaggio chiaro e diretto all’uso del Green pass e alle vaccinazioni soprattutto tra i più giovani che, con i loro assembramenti e la loro voglia di divertirsi, spesso sono facili vettori del virus. A volte sembra scontato dirlo, ma scontato non lo è per niente: il vaccino rappresenta, allo stato attuale, l’unica strada percorribile, congiuntamente al rispetto delle distanze, all’utilizzo delle mascherine e al rispetto delle norme anti assembramento, per sconfiggere il virus. Senza vaccinazione e in ragione del crescente tasso di contagio della variante Delta, si rischia un ritorno alle restrizioni e alle chiusure con un impatto negativo su aziende e famiglie, già in gravissime difficoltà. Non possiamo permetterci un altro anno come quello passato e tutti siamo preoccupati per l’inizio dell’anno scolastico perché dalle elezioni in presenza può e deve ripartire la corsa alla nostra normalità. In questo delicato momento storico, credo sia importante che ognuno scelga in funzione della propria coscienza: fare il vaccino è una scelta libera, è vero, ma non dobbiamo dimenticare che facendolo salviamo la nostra vita e quella di chi ci sta vicino.

IL FUTURO DELLA POLITICA AGRICOLA COMUNE

IL FUTURO DELLA POLITICA AGRICOLA COMUNE

L'accordo politico raggiunto il 25 giugno dal Parlamento europeo e dal Consiglio sulla nuova politica agricola comune introduce una PAC più equa, più verde, più flessibile e più rispettosa del benessere degli animali. A partire dal gennaio 2023, infatti, saranno attuate politiche più ambiziose sul piano ambientale e climatico, allineate agli obiettivi del Green Deal europeo. La nuova PAC garantirà una distribuzione più equa del sostegno, soprattutto alle aziende a conduzione familiare, piccole e medie, e ai giovani agricoltori. La nuova PAC prevede che ciascuno Stato membro elabori un proprio Piano strategico nazionale in cui si dovrà descrivere come intenderà conseguire gli obiettivi della PAC e quelli del Green Deal, presenti nella strategia “Farm to Fork" e sulla biodiversità, nei prossimi 5 anni. Gli Stati membri hanno tempo fino al 31 dicembre 2021 per presentare le loro proposte e la Commissione avrà poi 6 mesi per valutare e approvare i piani che entreranno in vigore all'inizio del 2023. Per la prima volta la PAC farà proprio il principio della condizionalità sociale, in virtù del quale i beneficiari dovranno rispettare norme europee di diritto sociale e del lavoro per poter ricevere i fondi della stessa. La ridistribuzione del sostegno al reddito sarà obbligatoria ovvero gli Stati membri ridistribuiranno almeno il 10% a vantaggio delle aziende agricole più piccole e dovranno descrivere nel loro Piano strategico nazionale come intendono farlo. Gli Stati membri avranno anche l'obbligo di promuovere eco schemi ossia modelli produttivi con cui saranno premiati gli agricoltori che adotteranno pratiche rispettose del clima e dell'ambiente (agricoltura biologica, agroecologia, difesa fitosanitaria integrata, ecc.) e favoriranno il benessere degli animali. Gli Stati membri, inoltre, dovranno destinare ai regimi ecologici almeno il 25% dei loro fondi per il sostegno al reddito, per un totale di 48 miliardi di euro dai pagamenti diretti. Anche una larga parte dei fondi per lo sviluppo rurale (PSR) sarà assegnato ad aziende che promuoveranno pratiche rispettose dell'ambiente. L’obiettivo della nuova PAC è, infatti, contribuire in modo significativo alla lotta contro i cambiamenti climatici. La PAC per l’Italia significa circa 50 miliardi di euro fino al 2027: risorse importanti per affermare ancora di più il ruolo strategico delle nostre aziende e, soprattutto, rafforzare le nostre eccellenze agroalimentari.

EURO 2020: L’ITALIA S’È DESTA

EURO 2020: L’ITALIA S’È DESTA

Forse, più che di gioia, quello che si è alzato tra gli italiani l’11 luglio alle 23:54 è stato un urlo liberatorio. In quell’esultanza che ha accomunato tutto il nostro Paese c’era la felicità, la sportiva sofferenza, la speranza, la determinazione e la rivalsa di chi ha vinto non solo un trofeo, ma molto di più. Credo che sia stato il momento cruciale e felice per tutti gli italiani, non solo appassionati di sport, dopo tanto tempo: l’Italia campione d’Europa. Quella sera davanti alle tv a stare con il fiato sospeso, a cantare l’Inno di Mameli di unità e di ideali condivisi, c’erano famiglie, amici, bambini, anziani. La Nazionale italiana ha avuto il pregio di unire tutti in un unico grande tifo, ci ha fatto sentire fratelli e figli di una nazione forte e famosa non solo in Europa, ma in tutto il mondo. La Coppa alzata al cielo di Wembley è il successo di chi ha saputo rappresentare sul campo il carattere e la personalità dell’Italia. Se ci guardiamo alle spalle, infatti, non possiamo dire di aver attraversato un anno facile, anzi. Il mondo è stato messo in ginocchio da una pandemia di cui si stanno sentendo ancora i devastanti effetti sanitari, sociali ed economici. L’Italia, uno dei primi Paesi più colpiti, ha saputo reagire spinta da un’incredibile desiderio di ripartenza, di ritorno alla normalità, di rivincita. Una rinascita non è mai facile, è spesso figlia di ferite profonde, ma è sorella di tenacia e forza, di resilienza e di coraggio, di umiltà e di ambizione. Per troppi versi siamo stati spesso giudicati un Paese vecchio ed allora ben venga che lo spirito e lo slancio trovino fondamenta concrete nella grinta dei giovani italiani che sono il cuore pulsante, ognuno a suo modo, della ripartenza e del futuro del nostro Paese. E’ proprio dai giovani della musica, dello sport e del cinema che abbiamo ottenuto le più grandi soddisfazioni in questo nuovo anno. All’Eurovision Song Contest, i Maneskin con “Zitti e buoni” e la loro performance sul palco d’Europa hanno messo d’accordo tutti regalando all’Italia il successo dopo 31 anni. L’anno del riscatto italiano è continuato nei cinema di tutto il mondo con il giovane protagonista di “Luca”, il nuovo film d’animazione Disney e Pixar diretto dal candidato Premio Oscar Enrico Casarosa che racconta al mondo di un’incredibile estate nella città di mare italiana Portorosso. I successi maggiori però sono arrivati dallo sport: per la prima volta nella storia del tennis, infatti, Matteo Berrettini è stato il primo italiano ad arrivare alla finale di Wimbledon dopo 134 anni sfidando un pluricampione come Djokovic e perdendo con talento ed entusiasmo segnando l’inizio di un brillante futuro. La squadra di atletica under 23, negli Europei in Estonia, con 6 ori, 5 argenti e 2 bronzi, ha ottenuto un primo posto da record: nessuna squadra italiana, infatti, ha mai portato a casa un medagliere di tali proporzioni. Il basket, il softball, ma anche gli atleti impegnati nelle Olimpiadi di Tokyo, come la Pellegrini e Montano che, pur avendo annunciato il loro addio, hanno segnato, nelle rispettive discipline, primati importanti per il nostro Paese, ci hanno regalato enormi soddisfazioni portando i colori dell’Italia sul podio con orgoglio e con determinazione. E’ stata poi una domenica da incorniciare per l’atletica italiana quella del 1 agosto quando Gianmarco Tamberi ha vinto la medaglia d’oro nel salto in alto e Marcell Jacobs nei 100 metri stabilendo il nuovo record europeo. Il grande successo nella finale di Euro 2020 con la vittoria ai rigori contro l’Inghilterra e la Coppa alzata al cielo dagli Azzurri capitanati da Chiellini e guidati da Mancini ha rappresentato però la prima grande vittoria, quella più emblematica. Sul quel podio quella sera, insieme al presidente Mattarella in tribuna, c’erano davvero tutti gli italiani a festeggiare. Non posso che unirmi al coro dei ringraziamenti a tutti i nostri Azzurri, ma, in generale, a tutti coloro che in questo 2021 hanno saputo interpretare al meglio il sentimento di rinascita e di forza italiano, facendoci emozionare, commuovere, gioire, dimostrando a molti quanto sia bello il nostro Paese, ma, soprattutto, rappresentando quelle che sono le nostre eccellenze non solo nello sport, ma anche nella moda, nell’arte, nella cultura, nella cucina, nelle passioni e nelle sfide. Dopo tanti mesi duri, è stato un po' come dire al mondo: l’Italia “s’è desta”. 

PNRR: OK PER L’ITALIA

PNRR: OK PER L’ITALIA

E’ stato il presidente del Consiglio Mario Draghi ad annunciare, all’inizio del Consiglio dei Ministri del 13 luglio, il via libera al Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano dopo aver ottenuto l’approvazione prima della Commissione europea è poi dell’Ecofin. Il Recovery plan italiano, infatti, ha ottenuto le massime classificazioni dalla Commissione rispettando i criteri imposti dall’UE, allineandosi con gli obiettivi ambientali, di rafforzamento del potenziale di crescita, incentivando la creazione di posti di lavoro e la resilienza economica, sociale ed istituzionale. Il premier Draghi ha lanciato anche un monito ai rappresentanti del Governo: “Deve essere uno stimolo a spendere bene i soldi che ci arriveranno e ad approvare in tempi rapidi le riforme che abbiamo concordato con la Commissione europea”. Il nostro Paese è stato quello che più ha beneficiato degli aiuti europei con 222,1 miliardi di cui 191,5 come dispositivo ripresa e resilienza (tra sovvenzioni e prestiti) e 30,6 come fondo complementare. Di questi, 25 arriveranno nell’immediato. Il Recovery plan che l’Italia ha presentato si sviluppa lungo sei missioni principali: Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura; Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica; Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile; Istruzione e Ricerca; Inclusione e Coesione; Salute. Le risorse europee rappresentano un importante passo avanti nella ripresa economica poiché consentiranno all’Italia e agli altri Stati membri che hanno avuto il via libera di utilizzare i fondi non solo per uscire dalla crisi Covid-19, ma anche per creare un’Europa resiliente, più verde e più digitale, innovativa e competitiva per le prossime generazioni. L’approvazione del PNRR ci dà la consapevolezza che in Italia, grazie al buon andamento della campagna di vaccinazioni e al miglioramento del quadro sanitario, la ripresa economica si sta consolidando. Un altro passo fondamentale è stato fatto dal nostro Parlamento il 28 luglio quando, con i 213 voti a favore del Senato, successivi all’approvazione della Camera, è stata approvata la fiducia posta dal Governo sul PNRR in merito alla governance e alle misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di snellimento delle procedure. Il provvedimento, conosciuto come DL Semplificazioni, presenta, in sintesi, disposizioni sull'organizzazione della gestione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, definendo le funzioni di competenza delle differenti amministrazioni interessate e, inoltre, le modalità di monitoraggio del Piano e del dialogo con le autorità europee. Un altro tassello importante per la ripartenza italiana che segna anche un auspicato cambio di passo.

L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE CONTRO IL CANCRO: “TIME TO ACT”

La pandemia ha fermato tutto il mondo, ha penalizzato l’economia di tanti Stati e rallentato la crescita, stravolgendo la vita di ognuno. Tutto è stato bloccato, rallentato. Tutto tranne il cancro che ha continuato silente e subdolo a camminare e, purtroppo, in alcuni casi, a correre. La paura di essere contagiati, le restrizioni di movimento, la priorità degli ospedali alle cure anti Covid: tutto questo ha significato per tanti non prestare la dovuta attenzione a determinati sintomi o malesseri. A causa del Coronavirus, infatti, potrebbero non essere stati diagnosticati, nella sola Europa, oltre un milione di casi di pazienti malati di cancro. Il Covid non deve fermare la lotta contro il cancro, perché il cancro non aspetterà la fine della pandemia. L'Organizzazione europea per il cancro è nata con il fine di creare e sviluppare relazioni sempre più solide tra le istituzioni europee insieme alla comunità europea di assistenza al cancro e, con le società membri, il comitato per la difesa dei pazienti e le reti, facilita la collaborazione e il consenso su argomenti mirati verso un miglioramento delle politiche di prevenzione. “Time to Act” è nata proprio con il fine di sollecitare le persone ad agire con una giusta prevenzione nella lotta contro il cancro. Una diagnosi mancata è un padre, una madre, un figlio, un amico che poteva essere salvato e che correrà il rischio di non esserlo più. Dobbiamo tutti invertire la rotta degli ultimi mesi con una adeguata prevenzione e attenzione al problema, facendo screening e controlli mirati, mettendo al primo posto la cura di noi stessi e dei nostri cari, agevolando la possibilità di una diagnosi precoce e cure adeguate soprattutto nei soggetti a rischio o più deboli. Non bisogna perdere altro tempo, perché il tempo è la prima arma che abbiamo per vincere questa malattia. Bisogna agire ora: non si può consentire che il Covid ci impedisca di affrontare il cancro.

Per qualsiasi dubbio e/o informazione in merito, vi invito ad andare su TimeToActCancer.com:   https://www.europeancancer.org/timetoact 

GREEN PASS, UN ALTRO TRAGUARDO EUROPEO

Martedì 8 giugno il Parlamento europeo ha votato ed approvato l’accordo sul Certificato Digitale Europeo, il cosiddetto Green Pass. Di fronte ad una crisi sanitaria mondiale senza precedenti nella storia moderna, l’Europa ha dimostrato ancora una volta con i fatti, oltre che con le parole, di essere dalla parte dei cittadini europei e dei loro diritti fondamentali. L’accordo, raggiunto in Parlamento con una netta maggioranza, è stata una chiara prova di forza e resilienza da parte delle istituzioni europee. Considerando, infatti, la pressione sulle negoziazioni e le tempistiche estremamente brevi per poter usufruire del Green Pass durante la stagione estiva, il Parlamento è riuscito ad ottenere una legislazione coerente e favorevole per i cittadini. Il Certificato Digitale Europeo è entrato in vigore il 1 luglio su tutto il territorio europeo e attesta se una persona è stata vaccinata contro la patologia da Covid-19, se ha ottenuto un risultato negativo al test oppure se è guarita dalla patologia. In formato sia digitale che cartaceo, il certificato è stato accettato e riconosciuto da tutti gli Stati membri dell’UE e consente a questi ultimi di sviluppare un approccio coordinato in merito alla libera circolazione delle persone negli Stati dell’Unione. In linea con la strategia di Forza Italia e del Partito Popolare Europeo, il Green Pass permette quindi ai cittadini europei di poter ritornare a muoversi liberamente in Europa senza dover sottostare ad obblighi di tampone e quarantena per poter entrare in un altro stato dell’Unione. Inoltre, considerando il prezzo eccessivo dei tamponi in alcuni Stati membri, ho accolto con favore la proposta della Commissione europea di mettere in campo dei fondi che possano supportare le spese legate agli stessi. Stiamo lavorando tutti insieme verso un ritorno alla normalità che possa consentire ai cittadini europei di potersi muovere in Europa senza limiti: se il costo dei tamponi superasse quello dei biglietti aerei si creerebbe un ulteriore ostacolo e un rallentamento verso la realizzazione del nostro obiettivo. L’Europa, invece, ha dimostrato ancora una volta di essere “unita nelle diversità” ed “unita nelle avversità”. La pandemia sanitaria ha messo a dura prova lo status e la tenuta dell’Ue che però si è dimostrata reattiva nel reagire a questa sfida epocale.

IL VERTICE USA-UE

La tregua fra Ue e Usa sulla disputa Airbus-Boeing, sancita in occasione dell’incontro del 15 giugno fra Joe Biden e Ursula von der Leyen, ha segnato un nuovo importante passo nei rapporti in via di riassestamento fra Washington e Bruxelles. Europa e Usa hanno potuto tirare il fiato su un conflitto che ha logorato i rapporti e colpito anche segmenti del tutto estranei all’aereonautica. L’intesa sulla disputa Boeing-Airbus ha fatto scattare, infatti, lo stop per un periodo di almeno cinque anni di dazi aggiuntivi fra le due parti: le tariffe inflitte reciprocamente fra Washington e Bruxelles per rivalersi degli aiuti di Stato concessi ai propri vettori. La presidenza Trump aveva deciso tariffe per 7,5 miliardi di dollari contro l’import dall’ Ue, fissando un’aliquota del 25% ad una serie di prodotti che andavano dal vino francese ai formaggi italiani. Le tariffe statunitensi erano costate una perdita di mezzo miliardo di euro in esportazioni. A subirne le maggiori conseguenze, purtroppo, sono state le specialità alimentari del Made in Italy. L’altro macro-annuncio del vertice è stata l’ufficializzazione di una alleanza del Tech fra Ue e Usa con l’obiettivo di contenere l’ascesa di Pechino nel settore e sviluppare un quadro condiviso di regole e valori con l’istituzione del Trade and Technology Council, il Consiglio di commercio e tecnologia.

L’EUROPA DEVE ESSERE UNITA NELLA GESTIONE DELL’IMMIGRAZIONE

Dal giugno del 2018 l’immigrazione non era più all’ordine del giorno del Consiglio europeo. In quella occasione si era parlato di nuove misure per ridurre l’arrivo di migranti irregolari e si era chiesto di portare avanti le trattative per riformare il Regolamento di Dublino che norma la gestione delle richieste di asilo a livello europeo e che penalizza i cosiddetti Paesi di primo ingresso come l’Italia. Una proposta di riforma da parte della Commissione Ue è arrivata però solo a settembre 2020. Fino a qualche settimana fa, causa anche la pandemia, il problema sembrava non esistere più per alcuni Stati europei mentre diventava sempre più preoccupate per quelli che, come l’Italia, non hanno mai smesso di gestire tali criticità sentendosi, troppo spesso, soli davanti ad una Europa troppo sorda. Durante la Conferenza interparlamentare di Alto Livello sulla gestione della Migrazione e dell'Asilo in Europa di metà giugno, il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli ha riaperto la ferita, mai rimarginata, sottolineando che solo alzando lo sguardo sull’instabilità, le crisi, la povertà, le violazioni dei diritti umani che si verificano oltre le nostre frontiere, potremo aggredire le cause che spingono milioni di persone a prendere la decisione di partire dai loro Paesi di origine. Sicuramente l’obiettivo da raggiungere per l’Europa è prevenire la perdita di vite umane e ridurre la forte pressione migratoria sui confini. Non è più accettabile lasciare questa responsabilità solo ai Paesi di confine. Aver inserito il tema dell’immigrazione nel dibattito del Consiglio europeo, su richiesta dell’Italia, è stato un segnale importante che ha confermato la necessità che anche sulla gestione dei flussi migratori c’è bisogno della massima cooperazione di tutti i Paesi membri e di un’azione esterna dell'Unione europea che sviluppi i partenariati e la cooperazione con i Paesi di origine e di transito. Alla base di tutto ciò, deve necessariamente esserci un meccanismo europeo di ripartizione obbligatorio e non volontario che metta tutti i Paesi membri di fronte a questa responsabilità, coinvolgendo anche le associazioni preposte per l’attivazione dei “corridoi umanitari” per realizzare una vera politica europea di accoglienza ed integrazione dei migranti. A riguardo, bisognerà fare, soprattutto dopo il periodo pandemico, una maggiore chiarezza sui criteri di permesso unico di ingresso e di soggiorno. L’Ue ha bisogno di una migrazione regolata per la ripresa delle nostre società e per la tenuta dei nostri sistemi di protezione sociale.

AMIANTO: NECESSARIE NORME EUROPEE PER GARANTIRE SICUREZZA

Il prezzo dell’amianto in vite umane è stato, e purtroppo lo è ancora, altissimo non solo per l’Italia ma per tutta l’Europa. Questa fibra killer costa ogni anno circa 15.000 morti. Le malattie correlate rappresentano, infatti, la causa di circa la metà di tutte le morti avvenute a causa del cancro e sviluppatosi in contesti lavorativi. Nonostante la messa al bando estesa a tutta l’Europa nel 1999 però, nel nostro continente e nel resto del mondo, ci sono ancora milioni di edifici, uffici, navi e tubature che contengono amianto. L’Europa sta lavorando affinché ci siano ulteriori norme che permettano di individuarlo e monitorarlo e, soprattutto, di arrivare alla sua bonifica. Nel corso dei lavori della Commissione IMCO (Mercato interno e protezione dei Consumatori), in merito all’iniziativa legislativa sui residui di amianto negli ambienti pubblici e privati, ho sottolineato come sia necessario proteggere maggiormente i lavoratori impegnati nelle opere di ristrutturazione, attraverso una specifica formazione professionale, e garantire finanziamenti adeguati ai proprietari degli immobili interessati. Durante il mio intervento, ho messo in evidenza la volontà costante dell’Europa di voler tutelare la salute dei suoi concittadini. Il dato di fatto che è però emerso durante i lavori in Commissione è che la principale fonte di esposizione all'amianto sia negli edifici più vecchi e in quelle strutture che nei prossimi anni saranno oggetto di ristrutturazione straordinaria o di demolizione per migliorare l'isolamento termico e consentire un risparmio energetico. Tali lavori, infatti, presentano il rischio potenziale di essere tutti esposti alle polveri di amianto ed è per questo che è importante individuarli ed eseguirli in maniera controllata e sicura. Lo screening prima di una vendita o della locazione di un edificio è una proposta giusta e accettabile che ho condiviso insieme a tutti i colleghi membri del PPE. È importante soprattutto che ci siano dei certificati che attestino la regolarità e la presenza di amianto negli edifici costruiti prima del 2005. Questa rilevanza deve essere poi comunicata e registrata in un organismo nazionale. Come PPE siamo d'accordo sulla richiesta di ottenere dei finanziamenti a favore dei proprietari degli edifici per favorire lo screening e la rimozione dell’amianto. Abbiamo invitato, inoltre, la Commissione a presentare un'iniziativa sulla base di una valutazione di impatto per una proposta legislativa che stabilisca i requisiti minimi per lo screening degli edifici costruiti prima del 2005, tenendo conto dei costi di rimozione e anche dell'esenzione per i lavori minori di ristrutturazione degli edifici. Come PPE, abbiamo chiesto anche di intraprendere un’azione di sensibilizzazione sull’amianto negli edifici costruiti prima del 2005 e di produrre delle linee guida procedurali comuni a tutti gli Stati membri per la individuazione e la rimozione della fibra in questione. Come Partito Popolare europeo, infine, abbiamo sottolineato che bisogna prestare particolare attenzione agli edifici e alle strutture pubbliche e private abbandonate che potrebbero contenere amianto e abbiamo invitato la Commissione e gli Stati membri a trovare una soluzione praticabile per la loro inclusione ma, soprattutto, per il loro utilizzo di tecnologie non invasive per effettuare le ispezioni e accertare la presenza di amianto pericoloso.

RAGGIUNTO UN ACCORDO SULLA RIFORMA DELLA PAC

Il 25 giugno è stato finalmente raggiunto l’accordo politico sulla nuova PAC tra Parlamento europeo, presidenza di turno portoghese del Consiglio e Commissione. Si è trattato di un negoziato molto impegnativo, durato tre anni, tutt'altro che scontato e che vedrà l'entrata in vigore della prossima riforma l'1 gennaio 2023. La nuova PAC, che prevede una maggiore ambizione ambientale e climatica in linea con gli obiettivi del Green Deal, garantirà anche una distribuzione più equa del sostegno al reddito, in particolare alle piccole e medie aziende agricole a conduzione familiare e ai giovani agricoltori. La ridistribuzione del sostegno al reddito, che sarà obbligatoria, prevede che gli Stati membri ridistribuiscano almeno il 10% a beneficio delle aziende agricole più piccole. È stato, inoltre, introdotto il nuovo sostegno agli agricoltori fino ai 40 anni di età con il livello minimo obbligatorio del 3% della dotazione destinata ai pagamenti diretti. L’Italia, così come gli altri Stati membri, dovrà adesso elaborare un piano strategico nazionale per attuare la sua politica agricola nei prossimi cinque anni. Sarà poi la Commissione a convalidarlo permettendo in questo modo l’erogazione dei fondi in maniera più efficiente e con meno burocrazia. Tra i punti principali dell'accordo troviamo anche la “condizionalità sociale”: i beneficiari della PAC dovranno rispettare, infatti, i diritti sociali dei lavoratori per ricevere i fondi. Per sostenere la transizione verso un'agricoltura più sostenibile con maggiori ambizioni per il clima, l'ambiente e il benessere degli animali, la nuova PAC seguirà la linea del Green Deal, delle strategie "Farm to Fork" e "Biodiversità 2030" che garantiscono il quadro di riferimento per gli Stati nel definire i loro piani strategici nazionali. Al fine di consentire agli agricoltori di raggiungere queste nuove performance ambientali, sono stati introdotti nuovi strumenti. La prima è che per ogni azienda agricola almeno il 3% dei seminativi sarà dedicato alla biodiversità, con la possibilità di ricevere un sostegno tramite eco-schemi per raggiungere il 7%, mentre tutte le zone umide e torbiere saranno protette. La seconda prevede che gli eco-schemi, che saranno obbligatori per gli Stati membri ma volontari per gli agricoltori, ricompenseranno questi ultimi per l'attuazione di pratiche rispettose del clima e dell'ambiente (agricoltura biologica, agroecologia, lotta integrata contro i parassiti, ecc.) nonché per il miglioramento del benessere animale. Gli Stati membri, inoltre, dovranno destinare almeno il 25% della dotazione dei pagamenti diretti agli eco-schemi per un totale di 48 miliardi di euro del bilancio dei pagamenti diretti. Lo stesso vale per i fondi per lo sviluppo rurale dei quali almeno il 35% deve essere destinato agli impegni agro-ambientali. In altre parole, la nuova PAC introduce un nuovo modo di lavorare in cui ogni Stato membro redigerà un piano strategico nazionale con il quale descrive come saranno raggiunti gli obiettivi che si pone. Questa procedura, che semplifica le regole a livello UE, comporta diverse e fondamentali novità. È prevista, infatti, una relazione annuale sui risultati che gli Stati membri dovranno presentare alla Commissione europea a partire dal 2024. Sarà, infatti, proprio la Commissione a monitorare queste procedure attraverso una serie di indicatori comuni e a riesaminare le prestazioni dei piani strategici nazionali. L’accordo raggiunto punta anche al rafforzamento della posizione degli agricoltori lungo la filiera agroalimentare mediante alcune eccezioni alle regole di concorrenza che permetteranno agli agricoltori di unire le forze in specifici casi. Avendo tratto una lezione dalla pandemia causata dal Covid, verrà anche introdotta una nuova riserva agricola per finanziare le misure di mercato in tempi di crisi con una dotazione annuale di almeno 450 milioni di euro. Le eccellenze italiane troveranno così un nuovo sostegno nel regolamento relativo alla Organizzazione comune dei mercati. Le misure sull'etichettatura del vino rappresentano, infatti, un importante traguardo per la trasparenza delle informazioni verso i consumatori, fortemente voluto dal settore, così come l'estensione a tutti i prodotti DOP e IGP sulla possibilità di effettuare una programmazione della produzione per meglio rispondere alla sempre maggiore volatilità dei mercati senza alcun rischio di violazione delle norme sulla concorrenza come attualmente per salumi, vini e formaggi. Per ora questo accordo politico è stato approvato in via provvisoria, ma dovrà essere formalmente approvato dal Parlamento europeo ed adottato dal Consiglio dell'UE prima di poter entrare in vigore. Per quanto riguarda, invece, i piani strategici della PAC, gli Stati membri hanno tempo fino al 31 dicembre 2021 per presentare le loro bozze. La Commissione europea a quel punto avrà sei mesi di tempo per valutare ed approvare i piani che entreranno in vigore all'inizio del 2023.

IL MIO INTERVENTO SULLA MODIFICA DEL REGOLAMENTO SUL ROAMING

Nel 2017 la Commissione europea annunciò con grande entusiasmo la fine delle tariffe di roaming per tutti i cittadini europei. Questa iniziativa ci ha permesso negli ultimi anni di poter viaggiare liberamente negli altri Paesi europei senza pagare costi di telefonia aggiuntivi in caso di utilizzo della rete per telefonate, messaggi e internet. Il Regolamento dell'UE dovrebbe scadere nel 2022 ed è per questo che, qualche mese fa, la Commissione europea ha pubblicato una nuova proposta al fine di garantire che i cittadini possano continuare a usufruire del roaming senza costi aggiuntivi quando viaggiano in Europa. Il nuovo Regolamento prorogherà di altri 10 anni le norme vigenti e garantirà, inoltre, migliori servizi di roaming per i viaggiatori. Ad esempio, all'estero i consumatori avranno diritto, se sono disponibili reti equivalenti, a usufruire di una connessione di rete mobile pari a quella del proprio Paese in termini di qualità e velocità. Le nuove norme, inoltre, garantiranno un accesso efficiente ai servizi di emergenza, anche sensibilizzando in merito ai mezzi alternativi per le persone con disabilità, e contribuiranno a far conoscere meglio ai consumatori gli eventuali costi derivanti dall'utilizzo di servizi a valore aggiunto durante il roaming. Ho accolto con estremo favore il testo proposto dalla Commissione, in particolare per quanto riguarda la sua ambizione nel voler garantire ai cittadini una qualità del servizio ottimale su tutto il territorio dell'Unione secondo il principio "roam like at home" affinché chi viaggia non venga discriminato perché non abbonato ad una compagnia nello Stato membro in cui si trova e penalizzato con una qualità peggiore del servizio. Tuttavia, ho ritenuto importante intervenire nel corso dei lavori della Commissione ITRE (industria, ricerca ed energia) poiché ritengo che la proposta di Regolamento sia sbilanciata in termini di relazioni contrattuali tra i diversi operatori. L'attuale testo, rispetto alla proposta della Commissione europea, vorrebbe abbassare ulteriormente le tariffe del roaming all'ingrosso, cioè i prezzi che gli operatori di telefonia si applicano a vicenda per l'utilizzo delle rispettive reti quando i loro clienti viaggiano all'estero. Va sottolineato che queste tariffe tra operatori, cosiddette massimali all'ingrosso, non hanno alcun effetto sulle tariffe fatte al consumatore, ma sono legate alla sfera contrattuale privata tra diverse compagnie di telecomunicazioni. La scelta di abbassare i valori dei massimali all'ingrosso interessa soprattutto le aziende di telecomunicazioni i cui servizi vengono maggiormente utilizzati in modalità roaming: ne sono un esempio quelle del sud Europa dove, per motivi turistici, vi sono più utenti stranieri che utilizzano il roaming. Questa ulteriore riduzione significa che le aziende avranno quindi minori risorse e di conseguenza faranno meno investimenti per il miglioramento dei loro servizi. Al contrario, io credo che dobbiamo lavorare affinché le nostre aziende abbiano più forza per competere, al fine di evitare ogni distorsione del mercato interno ed assicurare i servizi migliori ai nostri cittadini.

CYBERSICUREZZA, IL MIO INTERVENTO IN PLENARIA

Con l'aumento della digitalizzazione dei nostri sistemi economici, sanitari e sociali, la questione della sicurezza informatica è diventata è sempre più urgente. L'Unione europea da tempo prova ad armonizzare gli standard tra i diversi Stati membri e proprio lo scorso dicembre la Commissione Ue ha presentato la nuova strategia per la cybersicurezza. Il 20 aprile 2021 il Consiglio ha anche adottato il Regolamento d’istituzione del “Centro europeo di competenza per la cybersicurezza nell'ambito industriale, tecnologico e della ricerca” con sede a Bucarest. Questo Centro coordinerà gli investimenti in ricerca, tecnologia e sviluppo industriale nel campo per garantire la sicurezza dell’infrastruttura digitale. Trasporti, energia, comunicazioni, finanza sono solo alcuni dei tantissimi settori che dipendono sempre di più dalle tecnologie digitali. La pandemia ha accelerato la transizione digitale, ma ha anche dimostrato le forti carenze in termini di sicurezza: basti pensare che in questo periodo proprio le strutture sanitarie e la stessa Agenzia Europea del Farmaco sono state tra le realtà più colpite da attacchi informatici. Da anni, la criminalità informatica aumentano in tutta Europa in modo esponenziale. Nel solo 2019, si sono registrati circa 700 milioni di cyberattacchi in tutto il mondo. Una tendenza destinata a crescere in futuro se si pensa che già nel 2025 avremo oltre 25 miliardi di apparecchi connessi. L’economia connessa a tali attacchi, inoltre, inizia a rivestire un ruolo significativo nel mercato nero. Basti pensare che il costo del cybercrimine nel 2020 è stato stimato in 5500 miliardi, il doppio rispetto al 2015. Gli investimenti in sicurezza informatica sono dunque fondamentali se vogliamo una transizione digitale sicura che rafforzi la competitività dell’industria del settore e rilanci il ruolo dell’Europa nello scenario globale. Il precedente Governo nazionale ha approcciato troppo timidamente tale tema e per questo motivo oggi dobbiamo moltiplicare i nostri sforzi e riposizionare l'Italia tra i paesi all'avanguardia nel settore della cybersicurezza. Solo in questo modo garantiremo un ecosistema in cui cittadini, aziende, settore pubblico e privato interagiscano nella piena fiducia. Sarà anche importante promuovere investimenti mirati e favorire sinergie fra centri di ricerca, università ed aziende innovatrici. Non dobbiamo poi dimenticare l'importanza della formazione: in un settore così dinamico ed in costante evoluzione, lavoratori altamente qualificati sono fondamentali. La digitalizzazione è un processo che, se ben gestito, porta benefici a tutti. Si pensi, ad esempio, alle possibilità di ridurre gli oneri burocratici per cittadini e imprese, ma anche al risparmio economico e di tempo che un modello efficace di e-governance potrebbe portare. Dobbiamo però fare attenzione alle criticità ad esso connesse, in particolare alle ingerenze di Paesi terzi che cercano di indebolire la nostra democrazia e la nostra economia. Proprio su questo io lavoro quotidianamente in seno alla Commissione Speciale sulle interferenze democratiche. L’attacco informatico subito dalla Commissione Europea a marzo è stato l’ennesimo campanello di allarme. L'UE deve esercitare il suo potere sulla scena internazionale. Ho apprezzato la recente iniziativa del Consiglio di affiancare all’Agenzia europea per la cybersicurezza anche un nuovo centro di ricerca con competenze specifiche così come ho condiviso la decisione, presa il mese scorso, di sanzionare gli hacker sponsorizzati dalla Cina e da altri Paesi ostili. La trasparenza delle nostre elezioni e la tutela della volontà dei cittadini passano anche attraverso la cybersicurezza.

IL CORSO DI EUROPROGETTAZIONE

Il 23 giugno si è definitivamente concluso il corso di Europrogettazione che ho fortemente voluto per dare l’opportunità ad un gruppo di giovani under 35, selezionati sulla base della loro motivazione nel conoscere le moltissime opportunità offerte dall’Europa, di sviluppare le conoscenze pratiche necessarie per diventare esperti nel settore dei finanziamenti europei e non solo. Il corso, della durata di 30 ore, ha visto la partecipazione di esperti professionisti del settore che si sono avvicendati nelle lezioni online con l’obiettivo da un lato di offrire l’approccio teorico ai finanziamenti, spiegandone le logiche sottostanti e le principali tipologie, dall’altro di costruire una base pratica tramite l’analisi dei bandi aperti e le esercitazioni interattive. Nelle esercitazioni pratiche ogni studente è stato chiamato a vestire i panni del consulente e a mettersi alla ricerca di informazioni per soddisfare i bisogni dei potenziali soggetti interessati a conoscere le reali possibilità di un finanziamento. Visto il periodo che stiamo attraversando e il passaggio alla nuova programmazione europea 2021-2027, il corso ha avuto anche l’ambizione di coprire temi di stretta attualità come il Piano di Ripresa e Resilienza, che ha ottenuto in queste settimane il via libera dalla Commissione Europea, o i nuovi programmi diretti come Europa Creativa, Horizon Europe e Erasmus Plus, i cui bandi sono stati pubblicati dalla Commissione europea quasi in contemporanea allo svolgimento delle lezioni. Alla fine del corso è stato motivo di grande soddisfazione personale ricevere il feedback positivo dei ragazzi sui contenuti offerti, la qualità degli interventi e, in generale, sull’organizzazione del corso stesso. Nonostante la modalità di svolgimento online e le tematiche di natura molto tecnica, ho potuto apprezzare il loro reale e concreto interesse, la motivazione e la tenacia di questi giovani che hanno confermato di essere una grande speranza per il futuro del nostro Paese.

APERTI I NUOVI BANDI EUROPEI PER LA PARTECIPAZIONE DEI COMUNI

Per approfittare concretamente delle potenzialità che l’Europa offre è necessario conoscere i programmi, i fondi, i destinatari e le modalità di finanziamento. Ho deciso di creare una nuova Newsletter, a cadenza mensile, proprio per informare sulle tante opportunità che l’Europa mette a disposizione, per aggiornare cittadini, imprese ed Enti locali. Potete leggere la nuova Newsletter sui bandi europei iscrivendovi sulla mia piattaforma www.insiemeineuropa.it. Tra le tante opportunità che l’Europa offre, nell’ambito del nuovo Programma cittadini, uguaglianza, diritti e valori (CERV), segnalo la pubblicazione dei nuovi bandi per il gemellaggio tra i Comuni e la creazione di reti di Comuni. Queste misure, già finanziate dalle precedenti programmazioni tramite il programma “Europa per i cittadini”, hanno l’obiettivo di promuovere una cittadinanza europea attiva, rafforzare il senso d'appartenenza ad una comune identità europea, coinvolgere gli europei più attivamente nel processo di definizione delle politiche e partecipazione al dialogo interculturale con cittadini d'altri Paesi. I nuovi bandi mirano a curare le ferite nella società europea post COVID mobilitando i cittadini a livello locale e dell'Unione per discutere su questioni concrete dell'agenda politica europea, promuovendo la partecipazione civica al processo di elaborazione delle nuove politiche dell'Unione e sviluppando opportunità di impegno sociale e di volontariato. Tutti i Comuni che vogliono creare un nuovo impulso e stimoli alla partecipazione civica dei cittadini, rafforzando i legami esistenti o creandone di nuove con almeno un altro comune europeo e i suoi cittadini, possono partecipare al bando. I progetti avranno una durata massima di 12 mesi e saranno finanziati con un importo massimo di 30.000 € a fondo perduto. Per saperne di più e presentare un progetto, clicca qui.

Inoltre, nell’ottica di creare relazioni di carattere duraturo tra città e valorizzare i risultati delle relazioni create tramite i gemellaggi europei sono state ideate le reti di Comuni proprio per scambiarsi buone pratiche, promuovere il coinvolgimento attivo dei cittadini e la collaborazione con le associazioni della società civile e cittadini su temi di interesse reciproco.  Le reti di Comuni devono coinvolgere un minimo di 4 Comuni e una o più organizzazioni della società civile, nell’intento di sviluppare una cooperazione a lungo termine sul futuro dell'integrazione europea. Il progetto dovrà avere una durata compresa tra i 12 e 36 mesi e non sono previsti limiti di budget all’ammontare del contributo a fondo perduto. Per saperne di più e presentare il tuo progetto, clicca qui.

IL PROBLEMA DELL’EROSIONE DELLE COSTE

Il costante aumento del riscaldamento globale sta determinando un innalzamento del livello del mare. Per tutti gli Stati membri costieri ciò sta significando erosione delle coste, intrusione di acqua salata nelle falde, perdita di biodiversità e degrado progressivo delle funzioni ecologiche, sociali ed economiche delle zone costiere. Durante l’ultima plenaria al Parlamento europeo sono intervenuto per commentare il nuovo programma LIFE 2021-2027 che prevede un budget di oltre 5 miliardi di euro per il raggiungimento degli obiettivi ambientali e climatici dell’Ue. Sono risorse importanti ma insufficienti per coprire tutti gli interventi di mitigazione necessari a contenere gli effetti sempre più evidenti dei cambiamenti climatici. Purtroppo in Italia, su molti tratti del mar Tirreno e mar Adriatico, la continua erosione sta compromettendo anche il futuro di moltissime attività economiche e posti di lavoro ad esse collegati. Il programma LIFE è strategico in questo senso, ma c’è bisogno di una maggiore interazione con gli altri fondi strutturali e una migliore concertazione tra Europa, Stati membri e regioni costiere. Per questi motivi ho ritenuto opportuno presentare un’interrogazione alla Commissione europea chiedendo che nella programmazione LIFE siano istituiti sotto-programmi e obiettivi specifici finalizzati a soluzioni innovative per migliorare la resilienza degli ecosistemi costieri europei a beneficio della pesca, del turismo, ma anche dell’agricoltura e di tutte le attività economiche sulle aree costiere e salvaguardare tutte le attività connesse.

L’UE E IL PROBLEMA DELL’IMMIGRAZIONE

La questione dell’immigrazione è sempre più una questione europea. Draghi e Macron, durante il vertice sul finanziamento dell’Africa, si sono impegnati per affrontare i temi dello sviluppo del continente africano, colpito duramente dal Covid, stanziando 100 miliardi per l’Africa. Una proposta che aveva fatto precedentemente anche Forza Italia e che è sicuramente valida, ma, per risolvere la questione migratoria, occorrono soprattutto accordi bilaterali, c’è bisogno di una efficiente strategia europea e di unità di intenti. Sono troppi i flussi migratori e ormai rischiano di essere incontrollabili per tutta l’Unione Europa. Si commette l’errore di considerare che il problema riguardi soltanto l’Italia, la Grecia o Malta, ma è l’Unione Europea che non sta affrontando con sufficiente determinazione questo fenomeno epocale. La commissaria Johansson ha fatto una dichiarazione molto forte al riguardo, evidenziando che l’Europa debba essere affianco all’Italia. Troppo spesso, infatti, il nostro Paese ha faticato a gestire i diversi flussi chiedendo supporto a tutti gli Stati membri per non essere lasciata sola. A settembre dello scorso anno la Commissione europea ha proposto un nuovo patto per l’immigrazione, ma da lì non è stato fatto nessun altro passo in avanti ed è per questo che bene ha fatto il Presidente Draghi a chiedere di affrontare il tema al prossimo vertice di giugno. Forza Italia insiste perché l’Europa si faccia carico politicamente ed economicamente di ciò che accade lungo le coste del Mediterraneo, che moltiplichi gli investimenti per lo sviluppo dei Paesi di provenienza e, soprattutto, che il meccanismo di ripartizione tra Stati non sia su base volontaria, ma obbligatorio per tutti. Sulle coste meridionali europee continua costante e inesorabile l’arrivo di migliaia di migranti e l’Unione europea non può più aspettare. L’unica soluzione per fronteggiare questa crisi è la necessaria e imprescindibile solidarietà tra tutti gli Stati membri, nessuno escluso.

VINO “ALLUNGATO” CON L’ACQUA?

Nell’ambito della discussione sulla PAC si è ritornato a discutere delle pratiche enologiche che consentono la dealcolazione parziale o totale dei vini, ossia riutilizzare l’acqua derivante dal processo di dealcolazione. In particolare, si è ipotizzato di estendere questa pratica anche ai vini IGP e DOP. Detta ipotesi ha generato una forte preoccupazione tra gli operatori del settore vitivinicolo, verso i quali l’Europa sta assumendo una ferma posizione motivata dalla necessità di sensibilizzare il consumatore su una corretta dieta alimentare, nella quale l’alcol viene individuato tra i fattori di rischi per la salute. Addirittura nei mesi scorsi si è ipotizzato anche di introdurre etichette da apporre sulle bottiglie, come quelle previste per le sigarette, per scoraggiarne il consumo. Io credo che queste ipotesi siano eccessivamente rigorose e non giustificate nei confronti di un settore che in molti Stati membri, tra cui l’Italia, rappresenta una componente importante dell’economia oltra ad essere elemento di identità territoriale. Il procedimento di trasformazione dell'uva in vino è la fermentazione alcolica e non si può parlare di vino se si toglie l’alcool, semmai di bevanda di tutt’altro genere. L’introduzione della dealcolazione parziale e totale anche per i vini IGP e DOP rappresenta un grosso rischio ed un precedente pericolosissimo che metterebbe fortemente a rischio l’identità del vino italiano. L’Italia è il primo produttore mondiale di vino con 49,1 milioni di ettolitri ed anche il primo esportatore di vini fermi e spumanti, per cui non possiamo permetterci un tale stravolgimento della nostra tradizione enologica. Proprio per questo, insieme ad altri colleghi di Forza Italia, abbiamo presentato un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere di intervenire immediatamente per escludere tale pratica enologica per i vini IGP e DOP, classificare i vini dealcolati in modo distinto e diverso dai vini “tradizionali” e soprattutto garantire una corretta informazione al consumatore.

FONDO PER UNA TRANSIZIONE GIUSTA

Il Parlamento europeo, nel corso della seduta plenaria del 18 maggio, ha dato il via libera all’istituzione del Fondo per una transizione giusta destinato a sostenere le regioni e i settori maggiormente interessati dalla transizione ecologica, a causa della loro dipendenza dai combustibili fossili o da processi industriali ad alta intensità di gas a effetto serra. Nel mio intervento ho sottolineato come il fondo per una Transizione Giusta sia uno strumento fondamentale per il raggiungimento degli importanti obiettivi climatici e digitali che ci siamo posti, ma anche come rappresenti uno dei mezzi che l’Europa mette a disposizione dei suoi cittadini per rilanciarsi e ripartire dopo le disastrose conseguenze economiche della pandemia. Ho evidenziato come l’accordo avesse alcuni elementi che io considero imprescindibili per costruire un futuro economicamente stabile come garantire l’occupazione, l’indipendenza energetica e la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare. Una transizione rappresenta il passaggio graduale da una condizione ad un’altra, una transizione giusta significa che si vuole garantire questo passaggio senza traumi, accompagnando tutti verso gli obiettivi che ci siamo dati. Per questo è importante rivolgere la massima attenzione ai giovani e alle donne che, ancora una volta, sono stati i più colpiti dall’emergenza lavoro; così come bisogna aiutare le piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale dell’economia di molti Stati dell’Unione Europea, che hanno subito più di altre la Pandemia. Ho sottolineato, infine, la necessità di intervenire a favore delle aree rurali affinché anche esse, come le aree urbane, vengano interessate dai processi di digitalizzazione e superino quella disparità economica che purtroppo ancora contraddistingue diverse zone dell’Ue.

DIRETTIVA SULLA RESILIENZA DEI SOGGETTI CRITICI: I MERCATI ALL’INGROSSO

La strategia per la resilienza collettiva dell'Europa serve a rafforzarla contro le minacce informatiche e contribuirà a garantire che tutti i cittadini e tutte le imprese possano beneficiare appieno di servizi e strumenti digitali affidabili. A prescindere da quali siano i dispositivi connessi, essi devono potervi accedere con la sicurezza di essere protetti dalle minacce informatiche. La Commissione europea ha presentato due proposte per affrontare la questione della resilienza sia informatica che fisica dei soggetti critici e delle reti essenziali: una direttiva sulle misure per un elevato livello comune di cybersicurezza in tutta l'Unione e una nuova direttiva sulla resilienza dei soggetti critici. Questi documenti coprono un'ampia gamma di settori e mirano ad affrontare in maniera coerente e complementare i rischi attuali e futuri, dagli attacchi informatici alla criminalità o alle catastrofi naturali. In seno alla Commissione ITRE sono stato incaricato di seguire i lavori in merito alla resilienza delle infrastrutture dei soggetti critici come relatore ombra PPE. Questo testo mira a stabilire norme minime armonizzate per garantire la fornitura di servizi essenziali nel mercato interno e rafforzare la resilienza delle entità critiche. Il sostentamento dei cittadini europei e il buon funzionamento del mercato interno dipendono da diverse infrastrutture per la fornitura affidabile di servizi necessari per mantenere attività sociali ed economiche critiche. Questi servizi, vitali in circostanze normali, sono tanto più importanti in quanto l'Europa gestisce gli effetti della pandemia COVID-19 e cerca di risolverla. Ne consegue che le entità che forniscono servizi essenziali devono essere resilienti, vale a dire in grado di resistere, assorbire, accogliere e riprendersi da incidenti che possono portare a interruzioni gravi, potenzialmente intersettoriali e transfrontaliere. Tuttavia, il testo originale della Commissione aveva escluso il settore agroalimentare. È stata quindi mia premura presentare degli emendamenti affinché questo settore venga invece introdotto nell’ambito di applicazione di questa direttiva riconoscendo, in modo particolare, i mercati all’ingrosso come soggetti critici. Il funzionamento della catena agroalimentare è un servizio essenziale per il benessere della nostra società. I mercati all’ingrosso sono fondamentali in quanto strutture di pubblico interesse che assicurano un costante approvvigionamento e distribuzione di prodotti freschi e deperibili su vaste zone regionali e interregionali. Durante la pandemia, è proprio grazie a queste strutture che si è evitato in molti Paesi un blocco del sistema. I mercati all’ingrosso hanno dimostrato il loro ruolo vitale, nel momento di massima emergenza sanitaria, nel garantire il funzionamento della catena agroalimentare. Inoltre, per garantire che la resilienza delle infrastrutture strategiche sia assicurata in maniera uguale su tutto il territorio dell’UE e che tutti i servizi essenziali vengano protetti, è necessario incentivare una maggiore collaborazione tra gli Stati, che, seppur non privati della loro responsabilità, dovrebbero incoraggiare il coordinamento tra le autorità competenti e responsabili al fine di sviluppare strategie e risposte alle crisi che siano efficaci. C’è bisogno anche di maggiore coordinazione con le autorità locali e regionali, spesso dimenticate, poiché le loro capacità sul campo e le loro conoscenze potrebbero rivelarsi fondamentali per l’individuazione dei rischi e lo sviluppo di piani di resilienza. Infine, è stata una mia volontà presentare un emendamento al fine di inserire le infiltrazioni criminali tra gli elementi che gli Stati Membri devono tenere in considerazione nell’identificare le infrastrutture critiche. Questo problema è, infatti, sempre più preoccupante nel settore dei trasporti dove il funzionamento di infrastrutture fondamentali come porti e aeroporti è messo a rischio.