Amianto, la paura dell’Europa per la fibra killer

Milioni di italiani stanno pensando in queste settimane a ristrutturare casa con lavori di efficientamento energetico. Un’ombra pesa, però, sulla loro testa: l’amianto.

É ancora molto diffuso e per stare tranquilli bisogna avere molta circospezione. L’amianto ha costi altissimi in vite umane e l’ombra sulla testa non ha Paese di origine.

È l’intera Europa che deve trovare nuovi strumenti per allontanarla. Mettere in sicurezza la vita dei suoi concittadini e non solo, evidentemente, quando si spendono soldi per ammodernare case e palazzi (come accade con il Superbonus 110% per una riqualificazione energetica del parco immobiliare nazionale. I vari Paesi hanno adottato leggi con incentivi per le bonifiche, ma si è lontani da buoni standard di incolumità.

Uno slancio politico ed amministrativo darebbe più forza ad una battaglia pluriennale che vede insieme le parti sociali più sensibili al tema. Il largo uso di amianto in gran parte delle costruzioni a partire dagli anni ’60 coincide con il suo abbandono nella fase di riedificazione della nuova Europa.

Come la sostanza – poi rivelatasi killer – ha accompagnato la rinascita del vecchio continente dopo la Guerra, allo stesso modo oggi bisogna liberarsene.

 

“Il dato di fatto che è emerso durante i recenti lavori in Commissione Mercato interno e protezione dei Consumatori – dice Salvatore De Meo, Parlamentare europeo del Ppe – è che l’amianto è la principale fonte di esposizione  sia negli edifici più vecchi e in quelle strutture che nei prossimi anni saranno oggetto di ristrutturazione straordinaria o di demolizione per migliorare l’isolamento termico e consentire un risparmio energetico”.

De Meo si è fatto portavoce di un’esigenza generalizzata che dal 1999 – anno di messa al bando della sostanza – tiene viva l’attenzione del mondo del lavoro. Un po’ ovunque in Europa ci sono state sentenze  di condanna a carico di manager e rappresentanti delle istituzioni per non avere tutelato la salute dei cittadini.

Ogni anno si contano ancora 15 mila morti. E le malattie correlate sono la causa di circa la metà di tutte le morti avvenute per cancro e sviluppatosi in contesti lavorativi. Solo di passaggio ricordiamo che milioni di chilometri di tubature idriche hanno la fibra di amianto. Importante che siano tenute in stato conservativo per non generare rischi.

A volte non é così, per cui gli allarmi vanno presi seriamente. L’Osservatorio Italiano sull’amianto ha chiesto a Mario Draghi di  utilizzare le risorse del Recovery found per avviare le bonifiche e il bonus fiscale del 110% proprio per la rimozione dell’amianto dagli edifici privati.

L’Ue, dunque, in occasione della strategia green cerca di definire nuove regole sui residui, sia negli ambienti pubblici che in quelli privati. Pensando in primo luogo ai lavoratori incaricati delle bonifiche.

Ancora DE Leo: “È necessario proteggere maggiormente i lavoratori impegnati nelle opere di ristrutturazione, attraverso una specifica formazione professionale, e garantire finanziamenti adeguati ai proprietari degli immobili interessati”.

I lavoratori presentano il rischio potenziale di essere tutti esposti alle polveri di amianto, per questo è importante individuarli ed eseguirli in maniera controllata e sicura.

I controlli, purtroppo, sono stati spesso l’anello debole della rimozione. Cosa fare ora?

È importante soprattutto che ci siano dei certificati che attestino la regolarità e la presenza di amianto negli edifici costruiti prima del 2005. Questa rilevanza deve essere poi comunicata e registrata in un organismo nazionale”, aggiunge l’esponente Ppe.

Il suo gruppo ha chiesto alla Commissione di stabilire i requisiti minimi per lo screening degli edifici costruiti prima del 2005. Ci si confronta sui costi di rimozione e dell’eventuale esenzione per i lavori minori di ristrutturazione. Un lavoro che non dovrebbe trovare ostacoli, anzi dovrebbe avere come base un consenso ampio.

Di sicuro un’Europa green, come speriamo si riuscirà a costruire, non potrà avere ombre così ingombranti.