Le decisioni di Trump in merito al commercio tra Ue e Usa non può lasciare indifferenti e, soprattutto, non si può accettare la sua affermazione che “l'Unione europea è nata per truffare gli USA”. La scelta di applicare dazi al 25% su prodotti europei, a mio avviso, è pericolosa non solo per le gravi conseguenze economiche, ma perché rischia di mettere in discussione il rapporto con uno degli alleati storici dell’Ue con cui è impensabile aprire una guerra commerciale.

Certamente la Commissione europea risponderà con fermezza, pur nella consapevolezza che non è questa la strada da intraprendere per un avere un commercio globale aperto e competitivo. È chiaro però che bisogna reagire contro qualsiasi barriera ingiustificata che ostacoli il libero mercato, sottolineando, tra l’altro, che l'Unione applica alcune delle tariffe più basse al mondo, ragion per cui è da considerarsi immotivato l’aumento dei dazi statunitensi sulle esportazioni europee.

Inoltre, le azioni di Washington minano il sistema di scambi basato su regole chiare e accordi vincolanti, costruito negli ultimi decenni. L'Europa si è impegnata a difendere le sue imprese e i suoi lavoratori rivendicando la sua rete di accordi commerciali, tripla rispetto a quella degli USA.

Anche l’Italia ha espresso la sua posizione confermando il pieno supporto a Bruxelles nella risposta ai dazi di Trump. A margine di un dibattito sulle relazioni transatlantiche, che si è svolto nel corso della sessione plenaria di Strasburgo, ho voluto affermare proprio come, nelle relazioni con gli Stati Uniti, il nostro paese può e deve avere un ruolo importante per l'intera Europa, visto anche il suo rapporto privilegiato con gli stessi.

L'Italia, però, si trova in una posizione vulnerabile: con un surplus commerciale di 44 miliardi di dollari nei confronti degli Stati Uniti nel 2024, è il secondo Paese europeo più esposto dopo la Germania (89 miliardi). Sebbene il deficit statunitense sia molto più elevato con Cina (295 miliardi) e Messico (170 miliardi), l’Italia potrebbe essere comunque colpita dai nuovi dazi. Le conseguenze più gravi si prospettano per il settore agroalimentare, in particolare per i prodotti ortofrutticoli.

Secondo il Centro Studi di Confcooperative, l’introduzione dei dazi comporterebbe un aumento immediato dei prezzi dei prodotti italiani sul mercato americano, con una conseguente riduzione delle esportazioni stimata tra il 15% e il 30% per beni chiave come vino, formaggi Dop, ortofrutta, pomodori trasformati e pasta. La perdita di fatturato annuo potrebbe aggirarsi tra 1,5 e 2 miliardi di euro, considerando che gli Stati Uniti rappresentano il terzo mercato di destinazione dell’export agroalimentare italiano, con un valore complessivo di circa sei miliardi.  

Le aziende più penalizzate sarebbero le piccole e medie imprese agroalimentari, meno attrezzate per assorbire l’aumento dei costi e diversificare rapidamente i mercati. Queste realtà, che negli ultimi anni hanno investito in export e internazionalizzazione, rischiano di subire un duro colpo dall’inasprimento delle politiche commerciali statunitensi.