Dopo le elezioni è iniziata la partita per la designazione dei prossimi vertici Ue con i risultati emersi dalle urne che aprono a nuovi scenari per il futuro e rendono le trattative tra i gruppi più complesse del previsto. Ne abbiamo parlato con l’europarlamentare di Forza Italia Salvatore De Meo.
Il successo elettorale di Fi si riflette anche sul ruolo della vostra delegazione nelle scelte politiche del Ppe?
“Forza Italia ha sempre svolto un ruolo attivo all’interno del Partito Popolare Europeo e l’elezione di Massimiliano Salini conferma il riconoscimento e la considerazione di tutto il partito nei nostri confronti. L’attuale scenario geopolitico, delicato e complesso, impone all’Ue di rispondere in maniera forte e lungimirante, per questo il successo elettorale che il Ppe ha avuto nelle recenti elezioni è motivo di soddisfazione, ma anche di grande responsabilità. La delegazione di Forza Italia, di concerto con il segretario nazionale Antonio Tajani, dal giorno dopo le elezioni sta partecipando attivamente a tutti gli incontri propedeutici al nuovo assetto del Parlamento e della Commissione”.
Il Ppe appare diviso tra chi vuole proseguire con la maggioranza Ursula e chi, come Tajani, spinge per aprire all’Ecr. Quale linea prevarrà?
“Non c’è alcuna divisione, c’è un dibattito ed un confronto che, a onore del vero, era iniziato già dall’ultima fase della precedente legislatura quando, in Parlamento, su diversi provvedimenti, si è creata una maggioranza tra i Popolari, i Liberali ed i Conservatori. Io credo che dobbiamo avere la responsabilità di trovare una maggioranza su punti programmatici che portino l’Europa ad essere più forte ed in grado di affrontare le sfide che ci attendono. A me sembra che Francia e Germania vogliano isolare Giorgia Meloni a prescindere, e questo non è ammissibile. Come ha ben spiegato Antonio Tajani non si può non tener conto dell’esito elettorale e del risultato del gruppo Ecr. Una cosa è certa: il Ppe indicherà Ursula von der Leyen per la presidenza della Commissione europea e Roberta Metsola per la presidenza del Parlamento europeo”.
Una Commissione Ue sul modello del governo di centrodestra italiano resta un miraggio o è un obiettivo perseguibile in futuro?
“Potrebbe essere una grande opportunità che richiede un gran lavoro di confronto perché l’Europa rimane comunque il luogo della condivisione e non della divisione. Non possiamo far prevalere giochi politici dei pochi e non tenere conto, invece, di ciò che queste ultime elezioni europee hanno messo chiaramente in evidenza. Il mondo è cambiato e tanti altri cambiamenti ci saranno, tutti ne dobbiamo prendere atto. Per decenni abbiamo avuto uno schema di alleanze che si è ripetuto quasi automaticamente, non possiamo negare la possibilità di scenari politici diversi”.
La von der Leyen non sembra più così blindata per un secondo mandato. A che stanno le trattative?
“Le trattative sono in corso e il Ppe convintamente proporrà e sosterrà la rielezione della von der Leyen. Sicuramente alcune perplessità espresse anche dal Ppe sono fortemente legate alla scorsa legislatura dove la maggioranza Ursula è stata troppo spesso portata verso posizioni ideologiche che non solo hanno messo in discussione la Presidenza, ma la stessa credibilità del progetto europeo, prestando il fianco a chi continua a voler evidenziare solo le criticità dell’Europa”.
L’agricoltura è la voce con la maggiore spesa del bilancio Ue, eppure pochi mesi fa c’è stata la ‘protesta dei trattori’…
“Le proteste degli agricoltori sono condivisibili e motivate soprattutto dal fatto che l’Europa nelle sue ambiziose strategie ambientali del ‘Green deal’ li ha sempre considerati in contrapposizione all’ambiente. Io credo che questo approccio debba assolutamente cambiare e dobbiamo mettere in campo azioni strategiche che guardino sì alla sostenibilità ambientale, ma considerando anche l’aspetto sociale, economico e produttivo. Non possiamo negare che il comparto agricolo sia fondamentale nel garantire la nostra autonomia alimentare e, pertanto, non possiamo permetterci di imporre norme così rigorose tanto da incidere sulla nostra capacità produttiva, determinando di conseguenza una nostra dipendenza da altri Paesi dove quelle norme non vengono applicate. Sono in gioco i nostri modelli di produzione agricola ed alimentare che fanno dell’Europa un continente unico, per questo dobbiamo difenderli e promuovere una sostenibilità ambientale pragmatica e non ideologica”.
Fonte: lidentita.it