Proteggere non i confini nazionali ma quelli europei: dovrebbe essere questo l’imperativo per l’UE. Lo stesso presidente e capogruppo del PPE, Manfred Weber, ha dichiarato che sulle migrazioni servono misure concrete di solidarietà verso tutti quei Paesi che, come l’Italia, si trovano costantemente, da soli, a gestire un’emergenza che, invece, deve vedere tutti gli Stati impegnati con azioni concrete e corrispondenti alla gravità della situazione.
Ancora una volta, durante la plenaria di aprile a Strasburgo, nel corso del dibattito richiesto dal PPE inerente la necessità di una solidarietà europea per salvare vite nel Mediterraneo e, in particolare, in Italia, ho ribadito come tante, troppe volte, proprio durante la plenaria abbiamo discusso di immigrazione ed ogni volta la parola più usata, anzi abusata, è stata “solidarietà” che purtroppo, dobbiamo prenderne atto, viene solo annunciata ma mai realmente praticata.
È un dato oggettivo che solo alcuni Stati, tra cui l’Italia, sono impegnati nella difficile gestione dei flussi migratori, salvando migliaia e migliaia di vite al di là delle speculazioni o delle polemiche politiche del momento. Il tempo e le disgrazie hanno dimostrato però come nessuno può farcela da solo, compresa l’Italia, nonostante tutti i suoi sforzi.
Non ci si può sorprendere né tanto meno agitare se l’Italia, o altri Stati, alle prese con una situazione destinata ad aumentare nei prossimi mesi, prenda provvedimenti propri con cui intende solamente dare regole certe alla gestione dei flussi migratori.
Se non si vuole questo, proviamo allora a dare una scossa vera alla nostra Europa e interveniamo con soluzioni comuni e concrete: rafforziamo, per esempio, le procedure di verifica alle frontiere, favoriamo accordi di cooperazione con i Paesi di origine, sia per contenere le partenze che per garantire il rimpatrio di chi non ha titolo, ma, soprattutto, proviamo a subordinare l’accesso ai fondi europei non solo allo stato di diritto ma anche ad una ricollocazione obbligatoria di chi arriva dagli Stati di frontiera.
Ho voluto concludere il mio intervento mettendo in evidenza come l’Europa, impegnata in tante sfide ambiziose come quella della transizione energetica, climatica, digitale e sui diritti umani, sembra tuttavia non rendersi conto che tra queste deve esserci, in modo prioritario, anche l’emergenza immigrazione anche per contenere quel sentimento anti europeo che rischia di prendere il sopravvento in previsione delle prossime elezioni europee 2024. Ciò permette di lasciare anche spazio a soluzioni estreme che, purtroppo, potrebbero sembrare l’unica risposta all’immobilismo dell’Unione europea.