Dato il suo impegno al Parlamento Europeo sul tema del Nutri-score, a proposito del quale si dichiara contrario, in cosa consiste praticamente questo provvedimento e quali sono i rischi effettivi per l’economia italiana, in particolare per l’esportazione del Made in Italy in Europa? Quali invece i vantaggi della controproposta, che lei appoggia, dell’etichetta “Nutrinform”?
Il Nutri-score è un sistema di etichettatura fronte-pacco che ad oggi è adottato su base volontaria da alcuni stati europei che sulla scia della Francia, la prima a sviluppare il sistema, hanno iniziato ad etichettare i prodotti con un sistema “semaforico”. Si assegna perciò sulla confezione un’indicazione cromatica che identifica i prodotti “buoni” da quelli “meno buoni” tramite un bollino che va dal verde al rosso. Questo metodo non è supportato da una adeguata ed assoluta letteratura scientifica, utilizza un algoritmo che prende a riferimento solo 100 gr/ml di prodotto su cui valuta il contenuto di grassi, sali e zuccheri. E’ ovvio che è un parametro inattendibile perché rischia di penalizzare alcune delle più grandi eccellenze della dieta mediterranea, classificata a più riprese dall’OMS come dieta altamente salutare. Nel caso specifico dell’Italia, il Nutri-score rischia di penalizzare alcune eccellenze dell’esportazione Made in Italy, a cui verrebbe assegnato un bollino rosso. Il Parmigiano Reggiano, l’olio extravergine d’oliva o il Prosciutto di Parma, verrebbero penalizzati in confronto ad alcuni “rivali” molto meno sani come alcuni prodotti da fast food, che si vedrebbero assegnare valutazioni migliori. Io credo che da parte dell’Europa sia necessaria una presa di posizione che eviti di danneggiare prodotti importanti come quelli sopra elencati, e allo stesso tempo sia definita in modo chiaro una normativa che permetta un’etichettatura standardizzata ed equilibrata che fornisca al consumatore gli strumenti per effettuare una scelta responsabile e consapevole. Si rischia tramite una semplificazione così netta e una simbologia così universale che vede il rosso come segnale di pericolo, di classificare in maniera manichea i prodotti, dividendoli tra buoni e cattivi, penalizzando la filiera produttiva che c’è dietro, fatta di storie di lavoro e di persone, e lo stesso consumatore, che viene messo di fronte ad una scelta standardizzante che rischia di favorire eccessivamente la grande industria alimentare.
Con il sistema del Nutri-score si perde forse di vista il fatto che questi cibi vanno inseriti all’interno di un contesto generale che è quello della dieta giornaliera. Le quantità di proteine e grassi all’interno di 100g di prodotto, staccate dalla considerazione che facciano parte di un regime alimentare che prevede certamente altri alimenti integrativi, rischia di creare un problema e un danno alla classificazione dei prodotti alimentari, di per sé necessaria.
Ha completamente centrato il tema. Non a caso l’Italia e altri paesi hanno fatto una proposta alternativa che è quella del Nutrinform battery, dove non si considerano i parametri di 100 gr/ml di prodotto ma il suo apporto nutrizionale giornaliero all’interno di una dieta equilibrata. Vorrei poi chiarire che l’Europa non ha affatto approvato il Nutri-score, né tantomeno lo ha obbligato, ha semplicemente dato la possibilità ai singoli paesi di adottare un sistema di etichettatura volontaria. La Francia ha poi partorito questo mostro, e alcuni stati come la Germania e il Belgio hanno deciso di aderire; al momento però non esiste alcuna norma europea che obblighi i produttori ad etichettare i loro prodotti col sistema del Nutri-score. Vorrei che questo fosse chiaro dato che alcune forze politiche, anche italiane, per cavalcare l’onda del dibattito, hanno amplificato e strumentalizzano questo tema. In ogni caso stiamo lavorando giornalmente assieme a tutte le altre forze politiche italiane presenti al Parlamento Europeo per far rilevare questa anomalia nel sistema, proponendo al contempo una proposta alternativa credibile che permetta di considerare l’apporto nutrizionale di un alimento in relazione al consumo giornaliero. Per fare un esempio pratico, io non berrò mai 100g di olio, né mangerò mai 100g di prosciutto senza inserirli all’interno di una dieta più ampia che contenga i giusti elementi integrativi ricavati da altri cibi. Il nostro obiettivo è perciò quello di far valere le nostre ragioni in relazione alla nostra idea di alimentazione che può reggersi sui principi della salubrità della dieta mediterranea. Quest’ultima ci tengo a ripetere, riconosciuta globalmente come salutare, e quando parlo di dieta mediterranea non mi riferisco soltanto a quella italiana ovviamente. Bisogna evitare di dimenticarsi che qualsiasi alimento, inserito all’interno di un corretto ed equilibrato sistema alimentare può essere consumato senza preoccupazioni. Le differenze e le identità alimentari sono un elemento caratterizzante dell’Europa stessa, e non credo che utilizzare un sistema di etichettatura caro alla grande industria sia un buon modo per salvaguardare questa splendida diversità fatta di piccole e medie imprese locali e nazionali che si contraddistinguono per una produzione di qualità più che di quantità.
Alla luce del voto da lei espresso in Parlamento europeo a favore di una nuova agenda UE-USA, che assicuri una più salda cooperazione, come Washington può risultare decisiva ed essenziale alla politica estera europea in un periodo di forte transizione geopolitica, dopo il recente allontanamento avvenuto sotto la presidenza Trump? E in particolare, quanto questo rafforzamento dell’asset strategico tra Europa e Stati Uniti può aiutare a risolvere le criticità con cui è necessario fare i conti?
Io credo che gli USA siano un partner strategico e diplomatico fondamentale per l’UE. Non possiamo negare che sotto l’amministrazione Trump sia avvenuto un certo scollamento che metteva anche in discussione gli stessi rapporti bilaterali. La nuova amministrazione ha cambiato decisamente rotta, indicando ai cittadini americani che è impossibile procedere da soli, senza un dialogo costruttivo con la comunità internazionale e in particolare con gli alleati storici degli Stati Uniti. Oggi più che mai, alla luce di una crisi globale come la pandemia e di una crisi diplomatica e geopolitica come quella afghanaè impensabile affrontare questi scenari in maniera autonoma e solitaria. Questo non significa che l’UE non debba riuscire a conquistarsi una posizione sempre più indipendente ed autonoma sul piano internazionale e geopolitico, perché essere alleati degli USA non significa esserne dipendenti. Abbiamo davanti un percorso impegnativo, che sicuramente poggia su solide basi come il riassestamento e il rinnovamento dell’alleanza atlantica, ma l’Europa deve portare avanti la propria politica estera assumendo essa stessa il ruolo di leader in determinate situazioni. Il tema dell’immigrazione ad esempio, di cui vediamo giornalmente le criticità in alcuni stati, deve farci ragionare su come superare tali difficoltà imparando a relazionarci coi nostri partner strategici alla pari; questo nuovo asset paritario a mio avviso è fondamentale per confrontarci in maniera adeguata con altre economie di respiro mondiale come la Cina o l’India, con le quali bisogna rivaleggiare in maniera competitiva. Non è pensabile rimanere collegati a queste economie in maniera subordinata. L’Europa sta compiendo passi importanti in questa direzione, sono stati sospesi i dazi americani sui prodotti agroalimentari europei conseguenti allo spinoso caso Boeing-Airbus che aveva determinato una serie di provvedimenti economici punitivi. Io apprezzo profondamente e appoggio il passo che ha voluto compiere il presidente Biden nella direzione di un’aliquota globale sulle grandi industrie tecnologiche, che evidentemente hanno un grave problema da affrontare che riguarda l’imposizione fiscale. Abbiamo davanti degli obiettivi importanti che possono essere raggiunti se conquistiamo la nostra identità sul panorama politico internazionale.
Questo legame può aiutare a venire a capo di una situazione complicata e difficile come quella che si è verificata in Afghanistan, dove si stanno delineando due blocchi contrapposti, l’uno guidato da UE e USA, e l’altro invece adagiato sull’asse Pechino-Mosca, entrambi con importanti interessi economici e strategici sulla regione?
L’Afghanistan, bisogna essere obiettivi, ha rappresentato un fallimento dell’Occidente rispetto ad un tema che non poteva immaginarsi risolto con la semplice presenza delle forze alleate, che hanno semplicemente congelato una situazione, poi esplosa, dopo la firma degli accordi che gli USA hanno voluto portare avanti. Sono state fatte valutazioni errate, che hanno creato le notevoli difficoltà che vediamo oggi, in un settore non solo strategicamente ma anche economicamente fondamentale. Ci sono perciò degli interessi capaci di alterare gli equilibri. Gli USA stanno cercando di recuperare credibilità sulla scena internazionale, dopo una crisi che li aveva in qualche modo scollati dal loro ruolo guida, e l’Europa in questa fase deve saper mettere a disposizione la sua credibilità e il suo prestigio per far sì che a livello mondiale tutte le forze possano riuscire a sedersi ad un serio e ragionato tavolo di discussione multilaterale che possa riportare ordine nella regione. L’Europa anche in questo scenario deve mostrare la sua forza ed identità per confrontarsi autonomamente nel panorama geopolitico.
Passando alla politica nostrana, date le difficoltà che sembrano essere emerse all’interno dell’alleanza di Centrodestra, in particolare alle recenti amministrative, dove è sembrato di trovare un’alleanza spaccata e divisa al suo interno, al contrario di ciò che ci si aspettava, anche nel merito di molti temi quali l’obbligatorietà del Green Pass, quanto è ancora fondamentale il ruolo di FI quale federatrice dell’alleanza di CDX? Vista la distanza che sembra essere emersa tra posizioni più apertamente europeiste e governiste tra le fila di FI, rispetto ad un’anima più legata all’opposizione e all’antieuropeismo che sembra attraversare sia Lega che FDI.
Io credo che si possa parlare di Centrodestra grazie a Forza Italia, che è il partito che ha fatto sì che alcune forze politiche potessero entrare a far parte del panorama parlamentare sdoganandosi da determinati retaggi storici che ancora oggi vengono utilizzati da alcune parti politiche per demonizzare la destra tutta. FI ha un ruolo fondamentale, e lo ha avuto anche in questo ultimissimo appuntamento, dove abbiamo dimostrato che bisogna mettere in campo le migliori energie e le migliori esperienze per poter convincere i cittadini e per poterci proporre come forza governativa alternativa al Centrosinistra. Il Centrodestra è formato da forze politiche che sì sono alleate, ma non sono uguali. Noi rivendichiamo la nostra identità, abbiamo moltissime idee e condivisioni con i nostri alleati di Lega e FDI, ma non abbiamo mai esitato a identificarci in un modo diverso. Siamo infatti l’unica forza politica di centrodestra ad essere fieramente parte attiva nel Parlamento Europeo con la nostra presenza nel PPE, e siamo convinti che solo in questo contesto si possano recuperare le energie necessarie che permettano di andare nella direzione di affermarci come forza di governo credibile, seria e alternativa al Centrosinistra, non solo a livello nazionale ma anche internazionale. Noi non abbiamo mai indugiato nel far valere le nostre idee e le nostre convinzioni, come nel caso del Green Pass; FI si è fin dall’inizio dichiarata favorevole al provvedimento, e fin dall’inizio abbiamo elaborato diverse proposte poi presentate al vaglio del governo, come ad esempio il piano straordinario di vaccinazione, quello adottato poi con ottimi risultati dal generale Figliuolo. Siamo stati tra i primi ad auspicare, in un momento di così grave difficoltà per il Paese, un governo dei migliori guidato da Draghi, al quale continuiamo a dare leale collaborazione e sostegno, visto che proseguiamo con forza a credere che sia la persona giusta per guidare l’Italia in un momento come quello attuale, restituendo anche credibilità internazionale in ambienti europei. Oggi l’Italia, anche grazie a Mario Draghi è vista in Europa di nuovo con il rispetto che le compete e che merita. Io credo che tutte le forze politiche e in particolare quelle di centrodestra debbano riflettere anche alla luce dei risultati dell’ultimo impegno elettorale. Recentemente la Lega su alcuni temi aveva cercato una posizione meno distante da quella del PPE, ma io credo che sia molto difficile riuscire a convergere in un’unica grande direzione comune, finché vengono mantenuti determinati rapporti con alcune forze politiche così distanti e in antitesi col concetto di Europa che ci compete, e mi riferisco ad esempio al caso della Polonia e dell’Ungheria.
Si riferisce per caso anche alla recente visita a Madrid della Meloni, ospite di Vox?
La Meloni è il leader dell’ECR al Parlamento Europeo. Ha semplicemente svolto quelle che sono le funzioni fisiologiche dell’esercizio del suo ruolo quale guida politica del gruppo. Io credo che bisogna lavorare per arrivare a far convergere visioni politiche anche differenti, per poi giungere ad un accordo che permetta di presentarci in modo unito per affrontare i problemi nazionali ma anche internazionali. Non dobbiamo infatti sottovalutare il vuoto lasciato da una leader capace come la Merkel. L’Italia deve recuperare una stabilità politica con cui poter legittimamente cercare di invertire la trazione tedesca degli ultimi anni ed assumere il ruolo di guida dell’Unione. Oggi dobbiamo approfittare del carisma e dell’autorevolezza della figura del nostro Presidente Draghi per poterci affermare sempre più a livello internazionale. Il Presidente Berlusconi in queste ore sta cercando di rilanciare l’idea di un grande Centrodestra unito che possa affrontare i numerosi futuri appuntamenti, a partire dalle politiche del 2023. Appuntamenti ai quali non possiamo presentarci con differenze e tensioni che si prestano ad essere strumentalizzate dall’avversario politico, come d’altra parte inevitabile. È necessario perciò lavorare all’iniziativa del Presidente, che io mi sento di condividere interamente, per la realizzazione di questo grande progetto che sia non la sommatoria di diverse anime, ma il palladio di una nuova cultura di centrodestra in cui riconoscersi.
Secondo lei quanto queste divisioni, queste diverse anime che viaggiano all’interno del Centrodestra e che vivono su un doppio binario a livello europeo e si uniscono a livello nazionale, hanno pesato sull’elettorato? Non si può non ignorare che il tasso di astensione ha forse raggiunto picchi mai visti nella recente storia repubblicana, al Centrodestra è forse mancata una quota umana di elettorato che si è sentito in qualche modo confuso da queste tensioni interne?
Sicuramente hanno avuto un peso sul cittadino italiano, che vuole tranquillità e vuole essere rassicurato. Durante la campagna elettorale su alcuni temi si sono fatti passi avanti, ma anche passi indietro, alimentando il fisiologico dibattito che precede delle elezioni. Molti temi, come quello del Green Pass, sono stati alterati dal dibattito elettorale, e hanno senz’altro fatto aumentare la quota di astensionismo che però a mio avviso non è soltanto riconducibile agli elettori del Centrodestra. L’astensionismo è un male che la politica affronta ormai da diversi anni, con un modo di agire che spesso trascura i cittadini fino a poche settimane prima del voto quando vengono di nuovo intercettati e invitati alle urne. Queste tensioni di cui parla non sono però prerogativa del Centrodestra, perché guardando dall’altra parte mi sembra di non intravederne in misura minore. Insisto nel ripetere che bisogna seguire le indicazioni del Presidente Berlusconi verso la creazione di un fronte moderato unitario che possa con la guida di FI quale forza federatrice, fare non delle divisioni ma delle differenze il proprio punto di forza. Noi siamo fermamente convinti che questo sia possibile, e che la creazione di una forza moderata che si ispiri ai valori del PPE sia fondamentale per il miglioramento del Paese.
Per restare alla strettissima attualità, e ai fatti incresciosi del 9 ottobre, mi riferisco al vile assalto alla sede romana della CGIL ad opera dei militanti neofascisti di Forza Nuova e Casapound, come giudica tali avvenimenti? Si sente di esprimere la sua vicinanza alla manifestazione che si è tenuta a Roma il 16 ottobre, distaccandosi dalla posizione di Salvini che ha invece considerato tale iniziativa eccessivamente di parte?
Innanzitutto voglio condannare fermamente i fatti del 9 ottobre così come qualsiasi forma di violenza, indipendentemente dalla fonte da cui essa proviene. È necessario lavorare sul substrato culturale della gente per evitare che queste esplosioni di violenza si verifichino nuovamente. La successiva manifestazione del 16 ottobre è una iniziativa che io condivido nei contenuti, anche se FI ha deciso di non partecipare spiegandone ampiamente le motivazioni in quanto tenutasi il giorno prima delle elezioni. Poteva tranquillamente essere svolta il giorno o la settimana dopo. FI non ha ritenuto opportuno partecipare fisicamente alla manifestazione, ma non ha avuto alcun timore e alcuna ritrosia nel dichiararsi assolutamente distante dall’assalto alla CGIL, né ha mai esitato a ribadire la propria posizione nettamente antifascista. È un peccato che alcune forze politiche non riescano a prendere una posizione altrettanto netta verso tutte le forme di totalitarismi, alimentando un dibattito politico che spesso non permette di ragionare su temi più attuali. Mi dispiace anche che per altre manifestazioni, che hanno una diversa connotazione politica, alcune delle quali in corso in queste ore, non ci sia la stessa attenzione mediatica e che non venga stimolato un altrettanto ricco dibattito politico.
Secondo lei l’antifascismo è ancora un valore?
Io credo che l’antifascismo sia un pensiero che spesso viene strumentalizzato. Non posso non rilevare che frequentemente alcune forze politiche utilizzino questo tema per mascherare le loro tensioni interne o le loro incapacità, e a volte per provocare chi non riesce a mantenere un forte distacco e una forte obiettività sul tema. Il fascismo è un fenomeno storico superato e credo che nessuna delle forze che compongono il Centrodestra voglia in qualche modo rifarsi ad un periodo buio della nostra storia così come ce ne sono stati tanti altri. Per esperienza credo che questo tema richieda tanta prudenza ed attenzione anche nelle semplici riflessioni che potrebbero essere facilmente strumentalizzate.
Il senso della mia domanda si basava su una mia idea personale, che vede il tema dell’antifascismo come un non-tema in realtà, dato che l’antifascismo è la base della nostra Costituzione, e si tratta di un valore alla base della nostra Repubblica e della nostra democrazia, e tutti non possiamo che automaticamente dichiararci fermamente antifascisti, o almeno così dovrebbe essere.
Sono d’accordo, si tratta di un non tema che viene strumentalizzato da alcune forze politiche per trascinare nella bagarre i propri avversari. Io non credo che ragionare per luoghi comuni aiuti la discussione e il dibattito politico costruttivo, anzi favorisce a deviare l’attenzione da ben altri problemi, impedendo di proiettarsi verso il futuro.
Ciò però, mi spiego meglio, non implica che pur essendo un non-tema non debba essere fermamente portato avanti alla luce di determinati avvenimenti e di determinate prese di posizione che sono nettamente antitetiche rispetto alla stessa idea di democrazia.
Assolutamente, sono le azioni che identificano una posizione rispetto ad un’altra, ed è evidente che laddove esistano forme estreme, queste sono una fonte di alimentazione per il non-tema di cui parlavamo prima. È impossibile negare l’esistenza di alcune frange minoritarie che però fanno moltissimo rumore ma viste le loro percentuali non mi sembra che convincano i cittadini. Non credo però che esista un pericolo serio per la democrazia, ma percepisco in queste ore e sento un’amplificazione forse eccessiva, da parte del dibattito politico, di una situazione marginale legata ad un pezzo di storia italiana per fortuna superata.
Fonte: koinejournal.com